Giù le mani dalle pensioni!

Giù le mani dalle pensioni!

Con il pretesto della crisi

Siamo a all’inizio di Giugno e non c’è personaggio del governo o affini che non si sia pronunciato sulle pensioni. Il via ai pronunciamenti l’ha dato il presidente della Confindustria: la pessima Marcegaglia l’argomento usato è stato: “Siamo in piena crisi, usiamo questa crisi per migliorare i conti pubblici, procediamo alla riforma delle pensioni e sopratutto all’innalzamento dell’età pensionabile”. Nell’area del governo è stato un coro di SI !!!

Con l’eccezione di Sacconi il quale sostiene, altrettanto pericolosamente, che l’operazione dovrà essere fatta è doverosa, ma non adesso, tra qualche mese, o anno, quando la crisi sarà un po’ rientrata. Nell’area della minoranza il silenzio è assordante, fa eccezione il “servo dei servi” Pannella con radicali annessi che va urlando “sono venti anni che lo vado dicendo finalmente qualcuno mi segue” come se dal 1995 (riforma Dini) non si sia, più o meno gradualmente, continuato ad innalzare l’età della pensione. Tanto per dire: chi scrive nel ’95, prima della riforma Dini sarei andato in pensione di vecchiaia (60 anni di età) nel 2002, dopo la controriforma Dini dono dovuto andare in pensione nel 2007 a 65 anni di età. Ma torniamo al silenzio assordante della minoranza che non fa opposizione, l’atteggiamento prevalente è proprio quello di chi pensa ma non dice: “menomale che lo fanno loro così non dovremo farlo noi quando ci dovesse capitare di andare al governo!!!”. Una posizione che ormai caratterizza una minoranza intenta a ricorrere a destra la maggioranza con gli elettori che, in mancanza di una alternativa reale, continuano a votare Berlusconi, l’originale, anziché Franceschini la Fotocopia seppure meno indecente.

Ma credo sia importante riflettere un attimo sul rapporto Crisi/pensioni.

La crisi è ormai palese per chi non voglia esser cieco una occasione, una grande occasione, per le banche, i finanzieri, le industrie ….quelle automobilistiche in primis. Non si contano i miliardi di Euro o di dollari che a livello dei singoli stati o attraverso le istituzioni sopranazionali si stanno spendendo per sanare Banche, assicurazioni, finanziarie di molti e diversi tipi, che sono la causa della “Crisi” senza che nemmeno si possano regolare e controllare le “buoneuscite”, liquidazioni, stok-Option, bonus che lorsignori i gestori si stanno regalando.

L’operazione Marchionne con la FIAT ha dell’incredibile, gli stati stanno con i portafogli aperti per i finanziamenti, Marchionne con la scure deicide dove e quando tagliare qualche decina di migliaia di posti di lavoro e il tutto per rifilarci otto milioni di vecchie automobili il cui risultato accertato è il peggioramento della vita del Pianeta Terra e dei suoi abitanti (soprattutto quelli che non hanno ville in Sardegna da frequentare.) Ma la cosa incredibile è che una parte maggioritaria del paese, ormai cloroformizzata da TV e mancanza di organizzazione sociale, pende dalle sue labbra come se Marchionne fosse un nuovo santo che farà scendere la manna dal cielo.

Se tutte queste cose avvengono “Grazie alla Crisi”, senza che si manifesti alcun cenno significativo di ribellione, certo che Marcegaglia e Brunetta si affrettano a chiedere una nuova manomissione delle Pensioni. Nuove manomissioni perché alcune fondamentali sono già in corso: la revisione delle aliquote ormai automatica ogni 3 anni allo scopo dichiarato di abbassare l’importo delle nuove pensioni, l’aumento graduale delle età di pensionamento realizzato a gradini anziché a gradoni.

Il rischio che incombe in modo permanente.

Ma credo sia importantissimo mettere sull’avviso anche chi è già pensionato, perché è facile illudersi che sulle pensioni già in corso non ci possano essere modifiche e senza essere allarmisti stimolare i lettori ad impegnarsi in una auto/organizzazione dei pensionati in grado di mobilitarsi e di opporsi sui molti fronti aperti o che potrebbero aprirsi.

Intanto c’è da rilevare che non è una situazione buona nemmeno per chi dispone di una pensione dignitosa essere circondato da persone, cittadini, costretti a vivere in condizioni peggiori. Va ricordato che i padroni hanno sempre concepito un unico egualitarismo: quello del peggioramento verso il basso anche di chi attraverso le lotte e il consenso sociale era riuscito a strappare condizioni migliori: è il caso attuale delle donne a cui si vuole togliere la possibilità di andare in pensione a 60 anni anziché a 65 visto le condizioni esistenziali e lavorative penalizzanti in cui sono costrette a vivere. Il marcio sta che spesso i padroni e le loro corti riescono a far apparire “nobile” ciò che è decisamente ignobile. La Bonino cerca di farci credere che andare in pensione a 65 anni è un passo verso l’uguaglianza e la liberazione delle donne, anche se poi in qualche caso è costretta a dire che i risparmi di questa operazione dovrebbero servire a far funzionare gli asili nido pressoché inesistenti nel nostro paese (Poco più del 10% della popolazione può fare uso di asili nido pubblici).

Tutti i manuali e la letteratura che hanno accompagnato in Europa questa stagione controriformistica sulle pensioni hanno avvertito che anche le pensioni già erogate sarebbero state a rischio nel momento in cui sarebbe andato a regime il sistema contributivo per le nuove pensioni. Il momento si sta avvicinando pericolosamente.

Nel 2015 cominceranno ad esserci significative quote di pensionati gli importi delle cui pensioni saranno in graduale ma continuo decremento rispetto al rapporto attuale tra salario e pensioni (vedi pagg. 4 e 5 del N. 5 di “le Lotte dei Pensionati”). I primi anni saranno pensioni miste il cui importo verrà calcolato in parte con il sistema retributivo ed in parte con il sistema a contributivo. Quando il decremento dell’importo delle pensioni raggiungerà un costo sociale e conflittuale insostenibile i governi avranno facile gioco a far credere che sarà giusto tagliare le pensioni dignitose per rabberciare pensioni che si accingono a diventare inferiori al 40% dell’importo dell’ultimo stipendio.

Questa è una spada di Damocle che incombe in permanenza sulle teste di tutti i lavoratori e pensionati e per affrontare la quale è indispensabile attuare l’appello all’AUTORGANIZZAZIONE che questo giornale sta lanciando da alcuni mesi.

Un rischio imminente

Ma ci sono altri rischi più imminenti e già circostanziati. Uno dei più gravi è quello che corrono i pensionati della Pubblica Amministrazione la cui pensione viene erogata dall’INPDAP. La Corte dei Conti sono 2 anni che segnala il deficit di bilancio dell’ente previdenziale: 6,6 miliardi nell’anno 2008, e 7,1 miliardi nel 2009.

Tra gli addetti ai lavori non si fa mistero (Vedi Il Sole 24 ore del 24/5/2009) che:“a condannare i bilanci dell’Inpdap c’è in prima di tutto l’evoluzione degli organici nella Pubblica Amministrazione”. Questo significa che mentre si riducono i lavoratori dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione, mentre si precarizzano i dipendenti (sono attualmente oltre 500.000 i lavoratori pubblici con contratti atipici e a tempi determinato che lavorano nella P.A.), mentre si esternalizzano interi settori di lavoro (attualmente in una corsia di ospedale lavorano 5/6 tipologie diverse di lavoratori dipendenti mascherati come partite IVA, dipendenti di cooperative, co.co.pro, etc…), mentre tutto questo accade naturalmente decrescono progressivamente gli importi dei versamenti previdenziali. Questo è un segnale preciso che una organizzazione dei pensionati è indispensabile per affiancare anche la lotta dei lavoratori contro le esternalizzazioni e contro la precarietà nelle mille forme che in 17 anni di consociativismo padronato, governi e sindacati governativi sono riusciti ad inventarsi e a realizzare.

Ma la crisi dei bilanci degli enti previdenziali è causata anche dalla ridotta massa salariale. E’ ormai conclamato che i salari dei lavoratori Italiani sono tra i più bassi in Europa, che questa decrescita salariale ha subito una accelerazione dall’accordo del 1993 quando è stata cancellata la scala mobile, l’automatismo che consentiva il recupero dell’inflazione sui salari e stipendi di tutti i lavoratori. E’ matematico ad un contenimento e abbassamento dei salari reali corrisponde un abbassamento del monte contributivo incamerato dagli enti previdenziali.

E’ molto materiale , concreto e facilmente percepibile l’associazione tra sicurezza delle pensioni e l’adeguatezza del loro importo e la condizione lavorativa e salariale dei lavoratori attivi. Ma perché questa “associazione” non resti un fatto cartaceo o solo una consolante solidarietà è indispensabile che anche i lavoratori pensionati comincino a percorrere la strada dell’AUTORGANIZZAZIONE della capacità di conflitto di lotta e di autorappresentazione da esercitare da soli e in compagnia di tutti gli altri lavoratori attivi contro la precarietà e i bassi salari, per la difesa delle pensioni.

Ermanno Romani

Gaetano Sciortino

Piero Castello

Pensionati COBAS

Roma, 5 giugno 2009

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
OLTRE IL CAPITALISMO
Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

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