La spending review è l’ultima arma per un nuovo forsennato attacco ai lavoratori pubblici e alla pubblica amministrazione.
Il prossimo decreto sulla “revisione” della spesa pubblica diventa il grimaldello per un attacco senza precedenti ai lavoratori pubblici e alle rispettive amministrazioni.
Dalle veline di stampa e dalle bozze di decreti esce fuori che sono a rischio di mobilità inizialmente tra i 35 – 40 mila statali (dirigenti compresi), di cui 25 mila delle amministrazioni centrali con un intervento successivo più consistente e la probabile estensione ad una platea di 80-100 mila lavoratori anche attraverso il coinvolgimento marcato di enti locali e Regioni; taglio secco degli organici su vasta scala per salire ulteriormente (130 – 150 mila unità previste).
Vengono soppresse intere amministrazioni come l’Agenzia del Territorio e l’Amministrazione dei Monopoli di Stato con l'accorpamento immediato rispettivamente all’Agenzia delle Entrate e alle Dogane, la chiusura di tutti gli uffici fiscali con meno di 30 lavoratori o posti in provincie con meno di 300.000 abitanti.
Ed è di queste ore un provvedimento di soppressione dal 1 luglio di 17 uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, alla faccia della lotta all’evasione fiscale e della “vicinanza”, tanto sbandierata, dei servizi al contribuente.
Vengono ridotti il numero dei dipendenti in questi enti, nella Presidenza del consiglio dei Ministri e nel Ministero Economia e Finanze del 10%.
Viene prevista la fuoriuscita dei lavoratori over 60, esuberi che potrebbero essere gestiti sulla base di tre diverse modalità. Con una, chi prima del 31 dicembre del 2011 aveva maturato i requisiti pensionistici potrebbe essere pensionato con le regole ante-riforma Fornero, con la seconda una fetta di lavoratori verrebbe esonerata dal servizio all’80% dello stipendio base e per soli 2 anni, poi nessuna retribuzione sino al raggiungimento dell’età pensionabile fissato dalla Fornero ormai a 67 anni d’età (altri 300.000 nuovi esodati, senza retribuzione né pensione) e con la terza ci sarebbe l'aggancio alla mobilità.
Nel mattatoio dei provvedimenti anche la riduzione del valore e del numero dei buoni pasto. E sul modello greco potrebbero esserci tagli anche alle prossime tredicesime e riduzione delle ferie.
In autunno scatterà poi, con provvedimenti collegati alla legge di stabilità, la seconda fase della spending review, con un’ennesima riorganizzazione di tutta la struttura della Pa, accompagnato da un dimezzamento delleProvince(abolizione di quelle con meno di 300-350mila abitanti) e altri dolorosi accorpamenti.
Inutile dire che a fronte di questo massacro permanente contro i lavoratori pubblici, sferrato da anni a questa parte, e che raggiunge in questi giorni il massimo della virulenza, l’accordo dei sindacati confederali di maggio, salutato come un’inversione di tendenza, è l’ennesima presa in giro.
Non serve più chiacchierare, abbaiare alla luna o fissare ritualmente ore o giornate di sciopero senza che vi sia una vera e propria rivolta del personale pubblico che metta in discussione il governo, il quadro politico e istituzionale e i cortigiani sindacali e che rivendichi finalmente i propri diritti salariali, pensionistici, di garanzia lavorativa.
Non serve più rimanere nel letargo dei propri uffici, serve finalmente una massiccia mobilitazione di massa!