Il governo Gentiloni è una sfacciata fotocopia del precedente, con un prestanome alla guida

Renzi Gentiloni

Neanche le batoste popolari insegnano niente a Renzi e ai suoi.

Abbiamo scritto nei giorni scorsi che l’ondata dei NO che ha travolto Renzi e il suo governo è certo dipesa dalla volontà di difendere ciò che resta di una democrazia istituzionale già massacrata da un ventennio di “maggioritario”, nonché una Costituzione già drasticamente ridimensionata da tutti i governi degli ultimi decenni; ma che ancor più decisivo é stato il netto rifiuto delle politiche sociali ed economiche del governo Renzi, e in particolare della “cattiva scuola” della legge 107 e del Jobs Act. Del peso che sui NO hanno avuto tali leggi, si sono mostrati consapevoli quasi tutti i commentatori politici e persino, almeno così pareva, Renzi e il PD.

In tal senso, le voci sugli imminenti “licenziamenti” dei due ministri/e (oltre a quelli della Boschi, “titolare” della sciagurata riforma costituzionale e della Madia, responsabile dell’altrettanto indigeribile riforma della P.A) identificati con le due ignobili leggi, facevano credere ad una volontà di eliminare almeno alcuni dei punti più scandalosi di esse. Macché: la composizione effettiva del governo ci mostra una spudorata fotocopia del precedente governo, con un prestanome alla guida, con quasi tutti i ministri rimasti al loro posto, Boschi solo spostata di scranno, Poletti e Madia inamovibili (e dunque piena conferma del Jobs Act e della riforma P.A), con qualche scambio di ruoli - modello “al peggio non c’è mai fine” - tipo Minniti agli Interni e Alfano agli Esteri, e un solo licenziamento, quella della Giannini, evidentemente l’unica della “banda” a non avere santi nel “paradiso” PD.

Solo che la sostituzione della Giannini – che di certo non verrà rimpianta – con Valeria Fedeli è uno di quei casi in cui il detto “dalla padella alla brace” calza a pennello. Infatti, mentre la maggioranza dei docenti ed Ata guarda con sconforto e sconcerto alla definitiva affermazione della “scuola fabbrica”, con presidi padroni alla Marchionne, Renzi piazza al MIUR una sua pasdaran, Valeria Fedeli, che, prima di divenire vicepresidente del Senato, era stata per dieci anni alla guida dei tessili della Cgil e che per almeno quindici anni si é occupata prevalentemente di politica industriale liberista, cooperando con Bersani ed altri sull’esaltazione della competitività aziendale, e non interessandosi mai di scuola se non per condividere la subordinazione di essa alle esigenze delle aziende liberiste, secondo le linee-guida della abortita riforma Berlinguer.

Con questi precedenti temiamo che la 107 , con i suoi presidi onnipotenti, la grottesca Alternanza scuola-lavoro coatta, il ridicolo “bonus” distribuito ai più “fedeli” (appunto), l’umiliazione e l’espulsione di una moltitudine di precari, non verrà certo intaccata da pacate discussioni/contrattazioni al MIUR, con una ministra che, agognando piuttosto ad occuparsi di competizione industriale, vedrà di buon occhio la mutazione delle scuole in fabbriche, con docenti ed Ata trasformati in “operai flessibili” disposti ad ogni incombenza per aumentare la “produttività” dell’azienda-scuola e con, al di sopra, il suddetto preside simil-Marchionne.

Insomma, se a questo aggiungiamo la farsesca “offerta” contrattuale per i lavoratori della scuola e del Pubblico Impiego (dopo 7 anni di blocco e di perdita salariale del 20%) di circa venti euro lordi medi di aumento mensile (in base non alle chiacchiere governative ma alle cifre effettivamente stanziate nella Legge di stabilità), con in più l’introduzione nel contratto-scuola di tutto il peggio della 107, crediamo che l’unico “contatto” efficace con la nuova ministra lo avremo solo portandole sotto le finestre del MIUR considerevoli cortei di docenti ed Ata, magari insieme a studenti e cittadini desiderosi di difendere e migliorare la scuola pubblica.

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS

12 dicembre 2016

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