Il TFR dei lavoratori nella Finanziaria

Il TFR dei lavoratori nella Finanziaria

Che rischio corrono i lavoratori con la manovra della Legge finanziaria per il 2010 che prevede la utilizzazione del Trattamento Fine Rapporto (TFR) dei lavoratori?

Il TFR di cui si parla è il TFR di quei lavoratori dipendenti da imprese che hanno 50 o più lavoratori dipendenti. Riguarda solo il TFR di quei dipendenti che nel 2007, durante i 6 mesi della campagna del “silenzio assenso”, non abbiano devoluto il proprio TFR ad un Fondo Pensione. Il TFR di questi lavoratori che prima del 2007 veniva conservato dalle aziende, alla fine della campagna, le imprese lo hanno dovuto affidare ad un fondo specifico gestito dall’Inps. A disposizione dei lavoratori in forma di liquidazione al momento del pensionamento di vecchiaia, conferimento in caso di licenziamento, o come anticipo in caso di spese eccezionali per la casa di abitazione o la salute. La remunerazione definita per legge resta sempre quella precedente:1,5% annuo, più il 75% dell’inflazione valutata dall’Istat.

Quindi la faccenda NON RIGUARDA tutti i lavoratori privati che dipendono da imprese con meno di 50 dipendenti, né tutti i lavoratori del pubblico impiego sia a regime di TFR che a regime di TFS che vengono custodite, virtualmente, dall’Inpdap.

Queste precisazioni però non dovrebbero tranquillizzare nessuno, e cerchiamo di capire perché:

1) Già nella finanziaria del 2007 il governo Prodi aveva prelevato i fondi TFR gestiti dall’Imps per le spese del 2008. In quel caso la motivazione del prelievo erano state le spese per le infrastrutture (prevalentemente ferrovie). Quest’anno il prelievo viene operato (3,1 miliardi) per le spese più varie, cioè per le spese correnti. Ministri e sottosegretari si sbracciano per convincere i giornalisti che le cose non cambiano i soldi sono sempre “garantiti” dallo stato.

2) Questi due diversi episodi di prelievo già costituiscono una ragione seria di preoccupazione per i lavoratori. Intanto perché manifestano la filosofia dei governi di utilizzare i soldi risparmiati dai lavoratori, per costituire il loro sistema previdenziale, come una specie di tesoro a cui far ricorso in caso di bisogno scambiandolo come se fossero le risorse provenienti dalla fiscalità generale. Questo atteggiamento viene già pagato caramente dai lavoratori che vedono i soldi da loro pagati per il sistema previdenziale e pensionistico, essere usati per fini, magari molto nobili come l’integrazione al minimo delle pensioni più basse, ma che costituiscono una spesa assistenziale che dovrebbe essere pagata con le risorse della fiscalità generale.

3) Ma questo ricorso “facile” ai soldi dei lavoratori (nessuno ha mai messo in dubbio che il TFR sia salario differito dei lavoratori) deve preoccupare anche perché manifesta la tendenza a banalizzare e rendere sempre più facile l’appropriazione del risparmio dei lavoratori, e sempre più difficile il controllo della loro destinazione.

4) Il battage pubblicitario che si crea in queste circostanze finisce per intaccare la fiducia dei lavoratori nel sistema previdenziale pubblico e contribuisce a demolire l’affidabilità del sistema pensionistico statale. In particolare il governo si accinge nei prossimi mesi a lanciare un’altra campagna di silenzio/assenso per la devoluzione del TFR ai fondi pensione. I lavoratori che nella precedente campagna del 2007 avevano espresso un bel “marameo” al tentativo di scippo organizzato dal governo, aderendo in misura minima ai Fondi Pensione rispetto alle aspettative, rischiano di rimanere frastornati da questi continui ed impropri manomissioni del loro TFR da parte dei governi.

La resa dei fondi Pensione, sia quelli chiusi (Negoziali, sindacali, contrattuali ) che quelli aperti (Bancari, assicurativi) è stata catastrofica sia in termini assoluti sia, in misura maggiore, in termini relativi se confrontati con la garanzia e la resa del TFR Tutto ciò porterebbe il lavoratori ad una adesione pressoché nulla ai fondi pensione nella prossima campagna di devoluzione del TFR che il governo si ripromette di lanciare nei prossimi mesi.

Ma ancora peggio, i fatti e la crisi hanno dimostrato e hanno consolidato tra i lavoratori e nell’immaginario collettivo che i prodotti previdenziali e pensionistici pubblici sono la sola copertura efficace esistente per i lavoratori dai rischi di inabilità, vecchiaia, licenziamenti etc. Questo effetto di garanzia e sicurezza hanno il loro fondamento nel fatto che nei paesi in cui è più radicata la tradizione previdenziale (Francia, Germania, paesi del Nord Europa) il risparmio dei lavoratori è sempre stato tenuto fuori dal mercato (soprattutto quello finanziario) ed ha costituito in tutti i momenti di crisi uno zoccolo duro per la difesa delle condizioni di vita dei lavorativi attivi e pensionati e un sicuro volano di ripresa e fuoriuscita dalle crisi.

Ma ormai, non è un mistero per nessuno che i governi che si succedono nel nostro paese gareggiano a chi riesce a far fuori pezzi più grossi del patrimonio dello stato, dei servizi pubblici, dello stato sociale, dei beni comuni. Da più di trenta anni governi di destra e del cosiddetto hanno trovato complici ossequiosi e ben remunerati (vedi fondi pensione chiusi) nei sindacati maggiormente rappresentativi e concertativi.

Anche da queste vicende dovrebbero convincere lavoratori e pensionati che è questa una stagione nella quale non è proprio possibile delegare nessuno né a livello politico né a livello sindacale. L’unica possibilità di modifica dello state delle cose è in una nuova stagione di conflitto, di autorganizzazione, lotte, ed autrappresentazione, dei lavoratori e pensionati mobilitati.

Piero Castello

Pensionato Cobas

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