Comune di Firenze - Dicono che la Costituzione va cambiata…
Mentre il paese reale va in pezzi se ne discute spesso a vuoto nei teatrini della politica. In realtà, senza che ve ne sia nessuna consapevolezza, la Costituzione non la cambiano semplicemente la stanno abolendo.
La settimana scorsa, la Sezione Regionale della Corte dei Conti ha rinviato a giudizio 14 rappresentanti sindacali eletti nella RSU del comune di Firenze “colpevoli” di aver condotto trattative sindacali nel tentativo, peraltro in gran parte disatteso, di difendere il salario e i legittimi diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del Comune di Firenze.
Ma quel che è peggio è che questo provvedimento di per sé allucinante, sostanzialmente abroga l’art. 39 della costituzione. L’articolo che garantisce il diritto inalienabile di ciascuno alla libera associazione sindacale. Uno dei pilastri della democrazia e della civiltà giuridica attraverso il quale si introduce un fondamentale principio di riequilibrio nell’acclarata sproporzione di potere economico e contrattuale tra parti datoriali e la classe lavoratrice. Squilibrio che senza i dovuti contrappesi si determina inevitabilmente nelle società dominate dall’economia di mercato.
Quando in un paese che si dice democratico non si processano i banditi che hanno distrutto l’economia del paese (l’elenco sarebbe interminabile), quando in un paese lo Stato scende a patti con le organizzazioni mafiose che gestiscono l’economia criminale che costituisce gran aperte del PIL reale, quando la rappresentanza parlamentare è piena di delinquenti condannati in via definitiva e nello stesso tempo si mette alla sbarra, non già le cosiddette caste sindacali o i loro funzionari stipendiati consociati con la politica più deteriore, ma lavoratrici e lavoratori eletti liberamente e direttamente nelle RSU: il collega di lavoro, il semplice compagno d’ufficio, vuol dire che si è oltrepassato una soglia molto pericolosa oltre la quale non rimangono che gli stadi con i reticolati e i carri armati per le strade.
Un aggressione politica senza precedenti, una spallata terrificante alla democrazia e allo stato di diritto.
Violenza autoritaria nei confronti di milioni di lavoratori e lavoratrici simbolicamente rappresentati dai dipendenti del comune di Firenze sottoposti ad una specie di prova generale di Stato totalitario.
Una dimostrazione di fascismo istituzionale storicamente riconoscibile proprio a partire dalla neutralizzazione delle forme di rappresentanza del lavoro.
Altro che democrazia, quando i governi si accaniscono contro le parti più deboli della società e le magistrature mettono sotto processo i diritti siamo davanti ad una nuova edizione dello Stato fascista.
Responsabili e complici tutti: politici locali e nazionali, in primis Renzi che non si è limitato a lavarsi le mani addossando le “colpe” a quelli che c’erano prima, ma non ha mai perso l’occasione per aggredire verbalmente e materialmente i suoi dipendenti e le loro rappresentanze sindacali. I media asserviti al potere che speculano sulla notizia facendo passare per stipendi d’oro i milleduecento o millecinquecento euro al mese dei dipendenti del comune di Firenze, descrivendo come cogestori del “malaffare” 14 rappresentanti sindacali. Tra i 25 rinviati a giudizio non c’è un solo politico, eppure i nostri accordi aziendali stanno scritti nei bilanci approvati dai politici che siedono nella Giunta e nel Consiglio Comunale. La magistratura Contabile, vera e propria “polizia politica del “governo delle larghe intese”, che invece di perseguire le grandi ruberie di padroni, politici e finanzieri corrotti, contribuisce a rovesciare sulla base sociale gli interi costi della crisi a partire dal lavoro pubblico.
Mai come in questa fase è necessario continuare a batterci con tutte le nostre forze fino a quando ci sarà consentito, perché in gioco non ci sono soltanto le sorti di 14 lavoratori e lavoratrici eletti nella RSU e la salvaguardia del lavoro e del reddito di migliaia di dipendenti ex dipendenti, precari o ex precari di questa amministrazione, ma la difesa della civiltà del lavoro e delle basi stesse della democrazia.
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