CAPODARCO: QUALE FUTURO PER LAVORATRICI E LAVORATORI
REGIONE LAZIO: QUALE DIRITTO AL LAVORO?
“Navighiamo a vista!” Questo il biglietto da visita esibito dalla direzione della Cooperativa Sociale Capodarco al primo incontro, ormai mesi fa, con i rappresentanti sindacali CoBas. E a tutt’oggi è ancora scelleratamente così.
Indubbiamente lo stato di crisi (generale e trasversale) nonché il deprecabile decadimento dell’etica pubblica in cui versa il nostro paese, ed in particolare il Sistema Sanitario del Lazio, scaricano i loro costi economico-sociali sui servizi, su ogni appalto già assegnato o da assegnare e sulla collettività. Sono sempre i cittadini a dover ingoiare i frutti amari e adulterati di un sistema portato al collasso con ostinata e lucida perversione.
I soci lavoratori della Cooperativa Capodarco si sono doppiamente sobbarcati l'infausto onere e la sventura di sostenere gli squallidi tagli lineari – travestiti daspendig review– perpetrati dalla Regione Lazio, sia come cittadini sia come lavoratori. Hanno vissuto e subíto sulla propria pelle e sul proprio budget familiare ingentissimi ridimensionamenti. Hanno dovuto far fronte ad una prolungata cassa integrazione, preceduta da altre misure di contenimento stipendiale, sino a dover ingoiare – oggi – il secondo biennio consecutivo di solidarietà, nella flebile speranza di scongiurare lo spettro della mobilità.
Ma la devastante realtà delle gare d'appalto con logica del massimo ribasso, ove in alcun modo è contemplato l'inserimento di clausole sociali a tutela del loro lavoro, continua ad incombere. Il solo esempio dell’ultima gara che la Regione Lazio ha indetto per gli sportelli Cup laziali basta a rappresentare senza appello l’ennesimo esperimento di macelleria sociale in corso. Aggiungendo che a breve termine verrà bandita una gara d'appalto “fotocopia”, che avrà ad oggetto il servizio ReCup, i soci lavoratori Capodarco possono prepararsi a recitare il lorode profundis.
Questa tragica e surreale condizione non è frutto del puro caso o della sventura. Al suo concretizzarsi hanno concorso molteplici fattori, circostanze, “forze” ed opacità. Senz’altro a pieno titolo vi si iscrive la manifesta incapacità della dirigenza della Cooperativa Capodarco di mettere al riparo la propria azienda da queste sabbie mobili. Sono sotto gli occhi di tutti i reiterati errori di gestione e la manifesta miopia dei vertici aziendali che hanno ostinatamente e colpevolmente continuato ad insistere sulla committenza unica (Regione Lazio) anziché assicurare alla cooperativa ed ai soci la minima chance di soluzione alternativa, sostanzialmente scavandoci una irreversibile fossa.
Così, ancora una volta, i soci-lavoratori – il vero ed unico nerbo produttivo dell’azienda – sono minacciati da un presente che impone una forzata solidarietà, minacciando in caso contrario mobilità. Il calice oltremodo amaro dell’incertezza e della precarietà per non dover ingerire il veleno inesorabile dei licenziamenti collettivi. A questo scenario Cobas Capodarco dice NO! E’ ora di smetterla con la passiva e disinformata rassegnazione; è il momento di aprire uno squarcio nella cortina di disinformazione e nel muro di gomma dei rimpalli di responsabilità. L’accordo relativo alla solidarietà recentemente sottoscritto dalla Capodarco e dalle tre sigle sindacali CGIL, CISL e UIL, oltre a sollevare profondi dubbi circa la sua legittimità, è motivo di profonda preoccupazione ed indignazione.
Al suo interno è impossibile rintracciare il minimo criterio di determinazione delle “fasce” di lavoratori (o “panieri” omogenei) alle quali attribuire le diverse percentuali orarie di astensione dal lavoro (solidarietà). Un documento inammissibilmente generico, privo di qualsiasi fondatezza analitica così come della minima evidenza probatoria, con il quale si pretende – del tutto arbitrariamente – di assegnare quote percentuali di solidarietà ad indeterminati ed indeterminabili decine o centinaia di lavoratori, senza alcun riferimento oggettivo ed invariante a criteri e princípi tecnico-organizzativo-produttivi.
Ci domandiamo quali considerazioni, quali aspettative, quale senso di responsabilità e quali eventuali “rendite” possano aver spinto le tre sigle sindacali suppostamente più rappresentative dei soci-lavoratori Capodarco a sottoscrivere – facendolo proprio – un accordo palesemente sbilanciato sul versante del datore di lavoro, vessatorio ed ineluttabilmente foriero di ulteriori dissesti occupazionali. Come hanno potuto? Chi hanno rappresentato in quella contrattazione? La verifica e la valutazione di legittimità (formale e sostanziale) di tale accordo attengono alla responsabilità degli enti amministrativi preposti, in primis al Ministero competente; ma al CoBas non è privata la possibilità di additare come inqualificabile una tale pattuizione. Il tutto a fronte della sconcertante assenza del minimo piano industriale da parte dell’azienda che, ancora una volta, ribadisce nei fatti di continuare a “navigare a vista”, incapace di alcuna visione imprenditoriale.
Il CoBas Capodarco, oltre a confermare il suo reciso “NO” ad un siffatto accordo, intende informare circa la propria intenzione di sostenere e tutelare tutti i soci della Cooperativa Capodarco – con tutte le opportune iniziative ed azioni presso le sedi competenti – nello sventurato ma non imprevedibile caso in cui l’autorizzazione alla solidarietà venisse mai revocata dal Ministero; circostanza in cui la pretesa alla piena ed integrale retribuzione verrebbe azionata nei confronti della cooperativa e della sua dirigenza.
Se fosse mai possibile superare la gravità di quanto appena esposto, si denuncia che, in pieno regime di solidarietà, con esuberi dichiarati al suo interno che ammontano a centinaia di lavoratori e lavoratrici, la dirigenza della Coop. Capodarco non solo ammette, ma pratica senza alcuna remora né imbarazzo l’assunzione di decine e decine di lavoratori somministrati (Obiettivo Lavoro) attraverso una consociata del Gruppo Darco: la Darco Servizi. A ciò si aggiunge l’aggravante che il presidente di detta ultima azienda (Darco Servizi) è contestualmente il Responsabile Risorse Umane della Coop. Capodarco. Dunque, mentre da un lato si pratica solidarietà più o meno selvaggia, dall’altro si assume infischiandosene del perentorio divieto di legge ad operare in tal senso.
Se la coerenza è defunta da tempo, il pudore è ormai agonizzante. A maggior sdegno, denunciamo ciò che tutti sanno, ossia che i lavoratori (ormai ex-somministrati) così assunti, lavorano per la stessa commessa ReCup dove sono impiegati centinaia di soci Capodarco oggetto di solidarietà; sono sottoposti allo stesso potere direzionale avendo essi lo stesso responsabile dei colleghi Capodarco, e per loro vige la stessa programmazione turnistica. In una parola: una VERGOGNA neanche timidamente malcelata! La dirigenza della Cooperativa Sociale Capodarco sotto gli occhi (distratti o interessati?) dei sindacati CGIL, CISL e UIL, mostra ogni giorno di più la reale considerazione che nutre per il destino e le condizioni, attuali e future, dei propri soci. Sarebbe comico se non fosse drammatico. A questa farsa il CoBas Capodarco dice BASTA!
Roma, 23 ottobre 2015