L'accordo alla PIAGGIO di Pontedera
Un accordo particolare, quello siglato in due riprese alla Piaggio.
Prima, dai soliti decisionisti di Cisl-Uil-Ugl, che stavolta sono andati tanto di fretta da ritenere inopportuno passare attraverso assemblee e referendum.
Poi (a seguito di un referendum pressoché insignificante perché partecipato da poco più di un terzo dei dipendenti), dalla Fiom provinciale, alle prese col vistoso e radicale dissenso espresso dai due terzi della sua rappresentanza aziendale e dalla stragrande maggioranza dei lavoratori che hanno partecipato alle assemblee, dopo che, per protesta, avevano anche scioperato.
Un accordo, che, con la mobilità, sfoltisce drasticamente l’organico di 400 unità (circa il 12% dei dipendenti) e che non porta nessuna occupazione realmente nuova, visto che i 131 lavoratori che avranno il completamento dell’orario e gli altri 131 che saranno stabilizzati a part-time verticale erano già stati messi in conto dal contratto decentrato del 2009.
Un accordo, che fa da preludio all’intensificazione dei ritmi produttivi e all’aumento dei carichi di lavoro per chi resta; che non prevede nessun piano industriale a garanzia della permanenza della totalità delle attività nello stabilimento di Pontedera e a tutela dell’occupazione; che permette alla Piaggio di realizzare una gigantesca riduzione del costo del lavoro.
Un accordo, però, che ha portato allo scoperto un’area di dissenso notevole, rappresentata da una parte consistente dei componenti Fiom della RSU, fortemente radicati in fabbrica, come tutta la vertenza ha evidenziato, compreso il dato referendario dei circa 500 “no” (il 39% dei voti espressi) a fronte del 61% dei “sì”.
Passato il rito referendario, azienda, sindacati e delegati del “sì” dovranno vedersela non solo coi delegati e coi lavoratori del “no”, ma anche coi lavoratori astenuti e del “sì”, che si troveranno di fronte all’attacco alle condizioni lavorative, senza distinzioni tra chi ha votato “no” e chi ha votato “sì”.
La direzione sa che potrà contare sul collaborazionismo sfrenato di Cisl-Uil-Ugl, un fronte al cui interno brilla l’avanguardismo del sindacalista che sabato 2 aprile sul “Tirreno” definiva “turbative” del sacro ordine aziendale e della trattativa-diktat le assemblee, gli scioperi, il voto e, da consigliere del re, impartiva severe lezioni di comportamento allo stesso Colaninno, perché non stesse a perdere tempo per portarsi dietro la Fiom.
Già, la Fiom! Col “sì” referendario andrà a ingrossare organicamente lo schieramento filo-aziendale, oppure?...
Di certo, i delegati e i lavoratori del “no”, nonché tutti gli altri, non hanno da prendere da nessuno lezioni di lotta.
(3 aprile 2011)
COBAS LAVORO PRIVATO, Pisa-Pontedera