PORTO ALEGRE 02appendice

PORTO ALEGRE 2002

RIFLESSIONI IN APPENDICE

"In contemporanea allo svolgimento del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, si è aperto oggi a New York il forum economico mondiale".

Scherzi mediatici? E' possibile. Certo è che con questa formula molte testate della stampa e della televisione informavano sull'apertura di quello noto come Forum di Davos, contro cui, tra le varie iniziative, fu convocato il primo Foro Sociale Mondiale. Così, almeno nella rappresentazione mediatica, quei movimenti agglutinatisi attorno alle iniziative di protesta contro i vertici delle istituzioni internazionali del capitalismo, senza forse esserne troppo consapevoli si trovavano il cosiddetto "boccino" in mano.

Di questo hanno avuto, forse si o forse no, poca percezione i membri del comitato internazionale del Forum di Porto Alegre che nella probabile ansia di riconfermarsi, convocavano formalmente il III Forum sempre a Porto Alegre e sempre in "concomitanza con il Foro Economica Mondiale".

Alcuni partecipanti al I Forum di Porto Alegre, affermarono:

"Al di là delle considerazioni positive o meno, è certo che Porto Alegre segnerà un punto, ci sarà un prima e un dopo". E ad osservare quello che è accaduto nel discorrere di quest'anno tali affermazioni appaiono oggi quasi profetiche. Non si può certo avere la presunzione o il cattivo gusto di sostenere che gli accadimenti dell'anno trascorso derivino, anche solo in parte, dal I Forum, anche perché il mondo è stato colto più da disastri che da eventi positivi, ma tant'è che comunque la cronologia è ineccepibile.

Venendo per l'appunto momentaneamente alle mura domestiche, pare che orecchie indiscrete abbiano colto tra le parole di un noto parlamentare DS le seguenti:

"Questo Movimento va preso sul serio, da un anno mette in piazza ogni mese più di 100.000 persone e non accenna a diminuire."

A proposito vale la pena di elencare le scadenze più significative:

Febbraio 2001, sciopero della scuola; Aprile OCSE a Napoli; Luglio G8, scadenza del Forum Mondiale; Luglio manifestazioni dopo Genova; Settembre, contro la guerra; Novembre, contro la guerra; Novembre Stati Generali della scuola; Dicembre, sciopero COBAS e Bruxelles; Gennaio contro la legge su gli immigrati, Febbraio sciopero.

Tornando al Forum, tra le conferenze plenarie, di notevole rilevanza, per contenuti e per l'equilibrio del forum, si è confermata quella di tre giorni sulle aree di maggior conflitto, soffermatasi particolarmente su Colombia, Palestina, Afganistan e Paesi Baschi, forse trascurando l'Africa, ma aprendo un discorso laico su violenza e lotta armata, legittimando tutti quei movimenti ed organizzazioni popolari costrette a fare i conti con questa, messi in difficoltà dalla dichiarazione del Consiglio Mondiale del Forum secondo cui coloro che avevano a che fare con la violenza erano da considerarsi esterni al Forum.

Riguardo all'assemblea mondiale dei movimenti, uno dei punti salienti dal nostro punto di vista.

E' indubbio che il cosiddetto effetto palcoscenico ne abbia ridotto notevolmente le potenzialità, riconducendo più su aspetti e dinamiche regionali che complessive.

In sostanza molti, noi compresi, erano soggetti alla necessità di ottenere risultati da spendere a casa, piuttosto che a verificare la validità complessiva di alcuni percorsi ed analisi, nonché il necessario confronto e coordinamento.

L'unica organizzazione che ha dimostrato un'azione efficace e complessiva e stata Via Campesina.

Da questo spunto ne consegue una necessaria riflessione su come rilanciare e disegnare le relazioni internazionali. E' indubbio che l'interscambio con altre organizzazioni contribuisca a creare possibili correlazioni di forze utilizzabili anche in situazioni come queste. Ma è altrettanto vero che tali relazioni trovano il loro sviluppo nell'articolazione programmatica, nell'ambito delle dinamiche internazionali, di progetti e obbiettivi pragmaticamente perseguibili. Per esempio: ha più senso invitare delegazioni della FIAT argentina e brasiliana, constatare con rammarico la sequenza di chiusura dei rispettivi stabilimenti, concordare una lotta per conservare il posto di lavoro e un salario europeo per tutti gli operai FIAT, dall'ipotetico (molto ipotetico) esito o può essere più proficuo spendere comunemente delle energie per tentare di individuare quali trasformazioni sociali comporterà il cambiamento dei modelli produttivi, di cui la chiusura degli stabilimenti FIAT è una conseguenza e programmare una serie di attività e progetti a riguardo.

Ovviamente questo ci induce a qualche riflessione sul neoliberismo.

Praticamente una buona parte della mozione conclusiva dell'assemblea mondiale dei movimenti, di profilo più che accettabile a parte qualche sbavatura, si occupava del neoliberismo. In effetti il titolo del Forum Sociale Mondiale era contro la guerra e il neoliberismo. Ora essendo un forum mondiale, vi si affrontano tematiche mondiali, e in effetti la presenza di rappresentanti o partecipanti era più completa, geograficamente, che nell'edizione precedente, erano presenti anche delegazioni asiatiche e africane, il che ci ha rivelato, tra l'altro, come posizioni europee date per radicali non lo siano se collocate in un contesto realmente globale

In tale scenario sorge spontanea la domanda: come si articola il neoliberismo nelle varie zone geografiche? Per esempio, come si manifesta il neoliberismo in Congo? Come è composto lo Stato sociale che il neoliberismo sta smantellando in Afganistan? Quali diritti sindacali la flessibilità ha cancellato in Arabia? Come è stata privatizzata l'assistenza sanitaria in Burundi. Certo le popolazioni di queste aree conoscono da due secoli il capitalismo e ne muoiono, ma il neoliberismo? Non erano neoliberisti i mercenari katanghesi in Congo, anzi si era negli anni sessanta e gli stati che li armavano erano keynesiani.

Probabilmente la convinzione che il neoliberismo sia diffuso nel terzo mondo nasce dalla considerazione che è in America Latina che si è iniziato a sperimentare e dove ha prodotto e sta producendo i suoi più deleteri effetti. Ma considerare il Latino-America terzo mondo non è corretto.

Fino a buona parte degli anni cinquanta l'immigrazione europea in Argentina, Brasile e altri stati latino-americani era notevole, vi erano maggiori opportunità lavorative ed economiche e gli standard generali erano superiori ad alcuni paesi dell'Europa occidentale. A tutt'oggi il Brasile figura tra le prime dieci potenze industriali, nonostante il suo debito estero sia il più elevato del mondo.

In altri paesi Latino-americani la situazione è molto differente, comunque nella gran parte di questi una parvenza di stato sociale c'era..

Altre sono le caratteristiche storiche e sociale dei paesi del terzo mondo.

Questa divisione in tre mondi e ben definita in vari testi. E' datata a dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando per primo mondo si intendeva quello "libero" capitalista, per secondo quello socialista e il terzo mondo era rappresentato dalle colonie in via di emancipazione.

L'America Latina è quindi parte del primo mondo e si può affermare che dagli anni settanta, il cosiddetto neoliberismo, ha interessato con differenti intensità sostanzialmente il I mondo e ultimamente parte del secondo.

Varrebbe la pena di dedicare il giusto spazio a capitalismo e neoliberismo, tuttavia alcune osservazioni, grazie anche al contributo di questo forum si possono evidenziare.

Per il capitale applicare il neoliberismo dovrebbe essere conveniente in situazioni sociali e geografiche prevalentemente dedicate a produrre e non a consumare, perché dato che deprime i consumi non sarebbe opportuno che ne venissero coinvolti eccessivamente i consumatori. Inoltre è utile per integrare nel mercato servizi o consumi precedentemente erogati dallo Stato.

Perché sia efficace è necessario che sia in atto una separazione tra produttori e consumatori, cosa che in altre fasi del capitalismo non vi era affatto.

In Europa e in America dalla rivoluzione industriale agli anni settanta era esattamente il contrario. Quella fase del capitalismo, in cui il modello produttivo prevalente contemplava grandi stabilimenti industriali e conseguenti grandi concentrazioni di manodopera, ha determinato il processo sociale storico di formazione della classe operaia, classe sociale di produttori e successivamente di consumatori, in cui l'azione sindacale sui salari ed il sostegno delle politiche statali ne aumentavano i consumi, incrementando l'economia di scala quindi produttività e profitti, modello produttivo e sociale che viene comunemente definito come "fordista".

Successivamente eventi tecnologici, geopolitici e sociali hanno modificato questi modelli, reso possibile l'ampliamento dell'economia di scala a livello globale, la divisione internazionale del lavoro e dei consumi.

La cosiddetta "economia di scopo", ovvero l'estrema diversificazione dei prodotti, la possibilità tecnologica di una stretta connessione della produzione alla domanda tale da ridurre o azzerare i fenomeni di sovrapproduzione, prevale oggi sulla produzione di "beni di consumo di massa", operando una sostanziale separazione tra produttori e consumatori e ovviamente una profonda trasformazione sociale.

Sarebbe disdicevole commettere lo stesso errore che commisero molte delle organizzazioni marxiste dei movimenti operai e comunisti del secolo passato, secondo cui tutte le società capitaliste prima o poi si sarebbero evolute seguendo un modello "fordista", consentendo alla classe operaia di raggiungere una massa critica tale da permetterle la gestione della società. Gli eventi ci hanno mostrato che i percorsi del capitalismo seguono dinamiche differenti nel tempo e nello spazio.

Probabilmente il neoliberismo è una di queste dinamiche , ciascuna delle quali comporta sempre trasformazioni sociali peculiari, in cui l'unica costante è la contrapposizione tra capitale e lavoro.

Risulterebbe velleitario pretendere oggi dal forum indicazioni su come affrontare questi argomenti, che comunque ci competono, considererei già un risultato positivo se venissero mantenute le potenzialità affinchè i forum mondiali possano costituire un valido contributo a questo.

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