Legge 25 ar17 del 5 febbraio 1999
Legge 5 Febbraio 1999 n.25 art.17 Art. 17
1. Al fine di adeguare l'ordinamento nazionale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 4 dicembre 1997, l'articolo 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è sostituito dal seguente: "Art. 5. – 1. È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Fino all'approvazione della legge organica in materia di orario di lavoro, il Governo è delegato a emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di lavoro notturno, informati ai seguenti princípi e criteri direttivi:
3. Lo schema o gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 2 sono trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari che esprimono il parere entro trenta giorni. Art.10 - Legge 19 gennaio 1955, n. 25. Disciplina dell'apprendistato. 10. L'orario di lavoro dell'apprendista non può superare le 8 ore giornaliere e le 44 settimanali. Le ore destinate all'insegnamento complementare sono considerate, a tutti gli effetti, ore lavorative e computate nell'orario di lavoro. Le ore destinate all'insegnamento complementare sono determinate dai contratti collettivi di lavoro o, in difetto, da decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto col Ministro per la pubblica istruzione. E' in ogni caso vietato il lavoro fra le 22 e le ore 6.
ARTICOLI da 8 a 12 della Direttiva UE 93/104 SEZIONE III LAVORO NOTTURNO - LAVORO A TURNI - RITMO DI LAVORO Articolo 8 Durata del lavoro notturno Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1) l'orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore; 2) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno. Ai fini del presente punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno. Articolo 9 Valutazione della salute e trasferimento al lavoro diurno dei lavoratori notturni 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: a) i lavoratori notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato di salute, prima della loro assegnazione e, in seguito, ad intervalli regolari; b) i lavoratori notturni che hanno problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la loro prestazione di lavoro notturno vengano trasferiti, quando possibile, ad un lavoro diurno per cui essi siano idonei. 2. Nella valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a) deve essere rispettato il segreto medico. 3. La valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a) può rientrare in un sistema sanitario nazionale. Articolo 10 Garanzie per lavoro in periodo notturno Gli Stati membri possono subordinare il lavoro di talune categorie di lavoratori notturni a determinate garanzie, a condizioni fissate dalle legislazioni e/o prassi nazionali, per lavoratori esposti a un rischio di sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno. Articolo l1 Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta. Articolo 12 Protezione in materia di sicurezza e di salute Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro; 2) i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento.
DECRETO LEGISLATIVO 26 Novembre 1999 n.532:
Presidente della Repubblica VISTI gli articoli 76 e 87 della Costituzione; VISTA la direttiva 93/104/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’ orario di lavoro, in particolare gli articoli 8, 9, 10, 11 e 12; VISTO l’articolo 17, comma 2, della legge 5 febbraio 1999, n. 25; VISTO l’articolo 45 della legge 17 maggio 1999, n. 144, come
VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 novembre 1999; SENTITA la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
ACQUISITI i pareri delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; VISTA la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 novembre 1999; SULLA PROPOSTA del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per la funzione pubblica e per gli affari regionali; E M A N A il seguente decreto legislativo: Art.1
1. Il presente decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno, ad
2. Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell’ ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per
Art.2
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si
lavoro notturno:
lavoratore notturno: In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è
2. I contratti collettivi individuano le condizioni e i casi di
Art.3
1. Sono adibiti al lavoro notturno con priorità assoluta i lavoratori
2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 5, commi 1 e 2, della
Art.4
1. L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le
2. Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
3. Il periodo minimo di riposo settimanale di cui agli articoli 1 e 3
Art.5
1. I lavoratori notturni devono essere sottoposti a cura e a spese del
ad accertamenti preventivi volti a constatare l’assenza di
ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il loro
ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili
Art. 6
1. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni di salute che comportano
Art.7
1 .La contrattazione collettiva stabilisce la riduzione
Art.8
1. L’introduzione del lavoro notturno è preceduta dalla
Art.9
1. Il datore di lavoro, prima dell’adibizione al lavoro, informa i
Art. 10
1. Il datore di lavoro informa per iscritto la Direzione provinciale
Art. 11
1. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa
Art.12
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
con la sanzione di cui all’articolo 89, comma 2, lett. a), del
con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 300.000 per ogni
CIRCOLARE n.13/2000 del Ministero del Lavoro CIRCOLARE N.13/2000
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE DEI RAPPORTI DI LAVORO
Prot. n. 5/25829/70/lav.not. ALLE DIREZIONI REGIONALI I DEL LAVORO
ALLE DIREZIONI PROVINCIALI DEL LAVORO
ALLA REGIONE SICILIANA
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
AL SEVIZIO CONTROLLO INTERNO
Oggetto:Nuove disposizioni in tema di ricorso al lavoro notturno – Decreto legislativo n. 532 del 26/11/99. Già con l’art. 17, 1° comma della legge comunitaria ’98 si era adeguato l’ordinamento alla sentenza della Corte di giustizia 4.12.97 che aveva condannato l’Italia in ordine alla disparità di trattamento tra uomo e donna relativamente alla disciplina dell’orario di lavoro notturno di queste ultime.
Tuttavia, diversamente dalla direttiva comunitaria e dall’avviso comune Confindustria, CGIL, CISL e UIL del 12/11/97 in materia di orario di lavoro, il decreto legislativo in esame non contiene la disciplina organica in materia di orario di lavoro, limitando il suo intervento al solo lavoro "notturno". In tal senso il Decreto Legislativo in esame ha dettato una disciplina transitoria del lavoro notturno "fino all’approvazione della legge organica in materia di orario di lavoro" come recita appunto l’inciso di apertura del secondo comma dell’art. 17.
Viene introdotta, quindi, per la prima volta, nel nostro ordinamento la figura del "lavoratore notturno" e la nozione di "lavoro notturno" in precedenza non disciplinata sul piano legale. Ciò in quanto il lavoro notturno era regolato prevalentemente dai contratti collettivi, in correlazione anche con la previsione dell’art. 2108, 2° comma c.c. che stabiliva solo l’obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere una maggiorazione retributiva nel caso di lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici. Ne scaturisce che la tutela del lavoro e dei lavoratori notturni – che si incentra in particolare sulla salvaguardia psicofisica dei soggetti - quale risulta dal testo in esame, è sicuramente superiore a quella prevista dalla disciplina legale previgente.
E’ da sottolineare come il decreto legislativo risulti coerente, nelle sue linee fondamentali, con i criteri direttivi della delega, con la citata direttiva comunitaria nonché, per larghi tratti, con il più volte richiamato accordo interconfederale del novembre ’97.
Il decreto legislativo, come recita il comma 1 dell’art. 1, riguarda tutti i datori di lavoro pubblici e privati (con la sola esclusione dei settori del trasporto aereo, ferroviario, stradale, marittimo, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività di mare nonché delle attività dei medici in formazione) che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno, fatte salve le deroghe sopra richiamate che appaiono più limitate rispetto a quelle considerate dall’art. 17 della direttiva comunitaria.
I dirigenti e direttivi (nell’accezione di cui alla circolare n. 10/2000 punto 5) nonché il personale addetto ai servizi di collaborazione familiare ed i lavoratori addetti al culto sono esclusi dalla previsione contenuta nel 1° comma dell’art. 4 del decreto, relativa alla durata dell’orario di lavoro dei lavoratori notturni.
E’ altresì previsto che, relativamente agli appartenenti a taluni speciali settori individuati al comma 2 art. 1 ( forze armate, polizia, vigili del fuoco ecc. ) le norme del decreto si applichino tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e con le modalità individuate da appositi decreti ministeriali. Giova, inoltre, sottolineare che, tra le attività degli organi in materia di ordine e sicurezza pubblica di cui al citato comma 2 si ritiene rientri anche l’attività di vigilanza privata trattandosi, peraltro, di attività finalizzata al pubblico interesse.
Il lavoro notturno va inteso - secondo l’espresso dettato legislativo (art. 2, co. 1, lett. a) - come attività svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino.
Questo significa che, a prescindere dalla eventuale maggiorazione retributiva prevista dai contratti collettivi di categoria, il periodo da considerare come "notturno" non deve essere inferiore alle 7 ore consecutive all’interno delle quali deve essere ricompreso l’intervallo tra le 24 e le 5 del mattino.
Quindi il lavoro notturno è quello svolto, consecutivamente, tra:
L’art. 2, co. 1, lett. b) introduce la nozione di "lavoratore notturno" che va riferita all’orario giornaliero ovvero settimanale, mensile o annuo.
Con riferimento all’orario giornaliero è lavoratore notturno chiunque svolga, in via non occasionale, almeno 3 ore del suo tempo di lavoro. In questo caso occorre far riferimento alla definizione di lavoro notturno indicata dal contratto collettivo: infatti, se il contratto ha individuato come lavoro notturno il periodo tra le 23 e le 6, il lavoratore sarà considerato "notturno" a fronte di una prestazione che comprenda, ad esempio, almeno l’intervallo tra le 23 e le 2.
E’ considerato, altresì, lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, almeno una "parte" del suo orario normale durante il periodo notturno. Questa "parte" dovrà essere definita dalla contrattazione collettiva. In mancanza di specifica disposizione del contratto collettivo, è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, per almeno 80 giorni all’anno, lavoro notturno nell’ambito dei limiti temporali sopra specificati.
Giova sottolineare, in definitiva, che per poter essere considerato "lavoratore notturno", il prestatore di lavoro deve svolgere le proprie mansioni di notte in via normale; la prestazione quindi non deve avere carattere eccezionale.
Coerenti con i principi di delega sono le limitazioni al lavoro notturno disposte dall’art. 3 del decreto legislativo.
Sottolineato il principio della priorità della volontarietà nell’effettuazione del lavoro notturno, tenuto conto delle esigenze aziendali (in conformità al criterio stabilito dall’art. 17, 2° comma, lett. c) legge comunitaria 98) e ribaditi i limiti previsti dall’art. 5, commi 1 e 2 l. 903/77 come sostituito dall’art. 17, comma 1° legge 25/99, il decreto legislativo demanda alla contrattazione collettiva la determinazione di ulteriori limitazioni ovvero di ulteriori priorità.
Mancando una specifica previsione nella norma di delega, l’art. 4 del decreto in esame relativo alla durata della prestazione, risulta coerente con l’art. 8 della direttiva comunitaria nonché con l’accordo interconfederale.
Alla contrattazione collettiva, anche aziendale, che preveda un orario di lavoro plurisettimanale, è riconosciuta la facoltà di individuare un periodo di riferimento piu’ ampio sul quale calcolare, come media, il limite massimo di 8 ore di lavoro che il decreto riferisce ad un periodo di riferimento di 24 ore.
In altri termini, le condizioni per superare (da parte dei lavoratori notturni, le 8 ore ( nelle 24 ore) sono due: a. la previsione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un’articolazione oraria su base plurisettimanale; b. la previsione di un periodo di riferimento piu’ ampio delle 24 ore.
In questa ipotesi derogatoria si ritiene debbano essere comprese anche le articolazioni in giorni fissi su base settimanale (ad es. i c.d. turni week-end).
Le condizioni di cui alle lettere a) e b) si devono intendere già realizzate dai contratti collettivi nazionali che prevedono orari plurisettimanali e che stabiliscono un orario settimanale da calcolarsi come media in un periodo piu’ ampio.
Nel computo della media di cui al citato art. 4, co. 1 non si deve, peraltro, tener conto del periodo di riposo settimanale di 24 ore di cui agli artt. 1 e 3 della legge 370/1934 se questo cade nel periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al precitato comma 1 dell’art. 4.
Il conferimento all’autonomia negoziale del compito di disciplinare quegli aspetti dell’istituto che maggiormente incidono sull’organizzazione del lavoro si rinviene anche in ordine alla individuazione delle modalità di assegnazione del lavoratore notturno ad altre mansioni o ruoli diurni nel caso in cui sopraggiungano condizioni di salute che comportano l’inidonietà accertata dal "medico competente" (cosi’ come individuato dall’art. 17 del Decreto legislativo 626/94) alla prestazione di lavoro notturno.
Anche la riduzione dell’orario di lavoro normale e la relativa maggiorazione retributiva saranno oggetto di determinazione negoziale (art.7, co. 1).
Si tratta di una indicazione di politica sindacale che, tuttavia, non comporta alcun cumulo fra la generica previsione dell’art.7, co.1 e quanto già riconosciuto dalla contrattazione collettiva in materia di riduzioni di orario e di maggiorazioni. Più in particolare, per quanto attiene allo specifico trattamento economico, l’indicazione della legge non si traduce in un onere aggiuntivo rispetto alle disposizioni della contrattazione collettiva che già stabiliscono maggiorazioni o trattamenti indennitari per i lavoratori notturni, anche se inseriti in turni avvicendati.
Al riguardo, si ritiene opportuno chiarire che la riduzione di orario e la maggiorazione retributiva potranno essere stabilite dalla contrattazione collettiva solo nel caso di prestazioni di lavoro notturno come definito al punto 2).
In tema di rapporti sindacali è previsto, invece, prima dell’introduzione del lavoro notturno, l’obbligo di una preventiva consultazione con le parti sociali (art. 8).
Tale previsione è riferibile all’ipotesi in cui il lavoro notturno venga introdotto ex novo, ma non incide sulle situazioni già in atto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame.
Solo un’informativa, comunque, deve essere data ai lavoratori sui rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno e sui servizi per la prevenzione e la sicurezza (art.9). A differenza del precedente, si ritiene che questo sia un adempimento che occorrerà verificare se, con riferimento alle situazioni in atto, possa risultare o no già assolto dovendosi, in caso contrario, procedere ad un’adeguata informazione.
La stessa informativa deve essere resa alle rappresentanze sindacali unitarie o alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Infine, relativamente all’obbligo di comunicazione, da parte del datore di lavoro, del lavoro notturno alla competente DPL - Sezione ispezione del lavoro - l’art. 10 del provvedimento riprende, su questo punto, sia l’art. 11 della direttiva comunitaria sia l’accordo interconfederale, anche se la norma di delega non prevede specificatamente nulla al riguardo.
Sul piano delle sanzioni, l’art. 12 del decreto legislativo in esame, in coerenza con il nuovo assetto del sistema sanzionatorio risultante dal Decreto legislativo 758/94 – che limita le sanzioni di carattere penale alle sole violazioni delle norme di sicurezza e di igiene del lavoro – contempla l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 89, comma 2, lett. a) del decreto legislativo 626/94 (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da £ 3.000.000 a £ 8.000.000 ) per la violazione dell’art. 5 e cioè degli obblighi di sottoporre i lavoratori notturni alle prescritte visite mediche preventive periodiche ovvero ad accertamenti sanitari in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno.
E’ punita, invece, con una sanzione amministrativa (da £ 100.000 a £ 300.000 per ogni giorno e per ogni lavoratore) l’adibizione del lavoratore al lavoro notturno oltre i limiti temporali previsti dall’art. 4.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO DELEGATO
(DOTT. RAFFAELE MORESE)
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Legge 5 Febbraio 1999 n.25 art.17 Art. 17
1. Al fine di adeguare l'ordinamento nazionale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 4 dicembre 1997, l'articolo 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è sostituito dal seguente: "Art. 5. – 1. È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Fino all'approvazione della legge organica in materia di orario di lavoro, il Governo è delegato a emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di lavoro notturno, informati ai seguenti princípi e criteri direttivi:
3. Lo schema o gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 2 sono trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari che esprimono il parere entro trenta giorni. Art.10 - Legge 19 gennaio 1955, n. 25. Disciplina dell'apprendistato. 10. L'orario di lavoro dell'apprendista non può superare le 8 ore giornaliere e le 44 settimanali. Le ore destinate all'insegnamento complementare sono considerate, a tutti gli effetti, ore lavorative e computate nell'orario di lavoro. Le ore destinate all'insegnamento complementare sono determinate dai contratti collettivi di lavoro o, in difetto, da decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto col Ministro per la pubblica istruzione. E' in ogni caso vietato il lavoro fra le 22 e le ore 6.
ARTICOLI da 8 a 12 della Direttiva UE 93/104 SEZIONE III LAVORO NOTTURNO - LAVORO A TURNI - RITMO DI LAVORO Articolo 8 Durata del lavoro notturno Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1) l'orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore; 2) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno. Ai fini del presente punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno. Articolo 9 Valutazione della salute e trasferimento al lavoro diurno dei lavoratori notturni 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: a) i lavoratori notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato di salute, prima della loro assegnazione e, in seguito, ad intervalli regolari; b) i lavoratori notturni che hanno problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la loro prestazione di lavoro notturno vengano trasferiti, quando possibile, ad un lavoro diurno per cui essi siano idonei. 2. Nella valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a) deve essere rispettato il segreto medico. 3. La valutazione gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1, lettera a) può rientrare in un sistema sanitario nazionale. Articolo 10 Garanzie per lavoro in periodo notturno Gli Stati membri possono subordinare il lavoro di talune categorie di lavoratori notturni a determinate garanzie, a condizioni fissate dalle legislazioni e/o prassi nazionali, per lavoratori esposti a un rischio di sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno. Articolo l1 Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta. Articolo 12 Protezione in materia di sicurezza e di salute Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro; 2) i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento.
DECRETO LEGISLATIVO 26 Novembre 1999 n.532:
Presidente della Repubblica VISTI gli articoli 76 e 87 della Costituzione; VISTA la direttiva 93/104/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’ orario di lavoro, in particolare gli articoli 8, 9, 10, 11 e 12; VISTO l’articolo 17, comma 2, della legge 5 febbraio 1999, n. 25; VISTO l’articolo 45 della legge 17 maggio 1999, n. 144, come
VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 novembre 1999; SENTITA la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
ACQUISITI i pareri delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; VISTA la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 novembre 1999; SULLA PROPOSTA del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per la funzione pubblica e per gli affari regionali; E M A N A il seguente decreto legislativo: Art.1
1. Il presente decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno, ad
2. Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell’ ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per
Art.2
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si
lavoro notturno:
lavoratore notturno: In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è
2. I contratti collettivi individuano le condizioni e i casi di
Art.3
1. Sono adibiti al lavoro notturno con priorità assoluta i lavoratori
2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 5, commi 1 e 2, della
Art.4
1. L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le
2. Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
3. Il periodo minimo di riposo settimanale di cui agli articoli 1 e 3
Art.5
1. I lavoratori notturni devono essere sottoposti a cura e a spese del
ad accertamenti preventivi volti a constatare l’assenza di
ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il loro
ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili
Art. 6
1. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni di salute che comportano
Art.7
1 .La contrattazione collettiva stabilisce la riduzione
Art.8
1. L’introduzione del lavoro notturno è preceduta dalla
Art.9
1. Il datore di lavoro, prima dell’adibizione al lavoro, informa i
Art. 10
1. Il datore di lavoro informa per iscritto la Direzione provinciale
Art. 11
1. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa
Art.12
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
con la sanzione di cui all’articolo 89, comma 2, lett. a), del
con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 300.000 per ogni
CIRCOLARE n.13/2000 del Ministero del Lavoro CIRCOLARE N.13/2000
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE DEI RAPPORTI DI LAVORO
Prot. n. 5/25829/70/lav.not. ALLE DIREZIONI REGIONALI I DEL LAVORO
ALLE DIREZIONI PROVINCIALI DEL LAVORO
ALLA REGIONE SICILIANA
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
AL SEVIZIO CONTROLLO INTERNO
Oggetto:Nuove disposizioni in tema di ricorso al lavoro notturno – Decreto legislativo n. 532 del 26/11/99. Già con l’art. 17, 1° comma della legge comunitaria ’98 si era adeguato l’ordinamento alla sentenza della Corte di giustizia 4.12.97 che aveva condannato l’Italia in ordine alla disparità di trattamento tra uomo e donna relativamente alla disciplina dell’orario di lavoro notturno di queste ultime.
Tuttavia, diversamente dalla direttiva comunitaria e dall’avviso comune Confindustria, CGIL, CISL e UIL del 12/11/97 in materia di orario di lavoro, il decreto legislativo in esame non contiene la disciplina organica in materia di orario di lavoro, limitando il suo intervento al solo lavoro "notturno". In tal senso il Decreto Legislativo in esame ha dettato una disciplina transitoria del lavoro notturno "fino all’approvazione della legge organica in materia di orario di lavoro" come recita appunto l’inciso di apertura del secondo comma dell’art. 17.
Viene introdotta, quindi, per la prima volta, nel nostro ordinamento la figura del "lavoratore notturno" e la nozione di "lavoro notturno" in precedenza non disciplinata sul piano legale. Ciò in quanto il lavoro notturno era regolato prevalentemente dai contratti collettivi, in correlazione anche con la previsione dell’art. 2108, 2° comma c.c. che stabiliva solo l’obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere una maggiorazione retributiva nel caso di lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici. Ne scaturisce che la tutela del lavoro e dei lavoratori notturni – che si incentra in particolare sulla salvaguardia psicofisica dei soggetti - quale risulta dal testo in esame, è sicuramente superiore a quella prevista dalla disciplina legale previgente.
E’ da sottolineare come il decreto legislativo risulti coerente, nelle sue linee fondamentali, con i criteri direttivi della delega, con la citata direttiva comunitaria nonché, per larghi tratti, con il più volte richiamato accordo interconfederale del novembre ’97.
Il decreto legislativo, come recita il comma 1 dell’art. 1, riguarda tutti i datori di lavoro pubblici e privati (con la sola esclusione dei settori del trasporto aereo, ferroviario, stradale, marittimo, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività di mare nonché delle attività dei medici in formazione) che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno, fatte salve le deroghe sopra richiamate che appaiono più limitate rispetto a quelle considerate dall’art. 17 della direttiva comunitaria.
I dirigenti e direttivi (nell’accezione di cui alla circolare n. 10/2000 punto 5) nonché il personale addetto ai servizi di collaborazione familiare ed i lavoratori addetti al culto sono esclusi dalla previsione contenuta nel 1° comma dell’art. 4 del decreto, relativa alla durata dell’orario di lavoro dei lavoratori notturni.
E’ altresì previsto che, relativamente agli appartenenti a taluni speciali settori individuati al comma 2 art. 1 ( forze armate, polizia, vigili del fuoco ecc. ) le norme del decreto si applichino tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e con le modalità individuate da appositi decreti ministeriali. Giova, inoltre, sottolineare che, tra le attività degli organi in materia di ordine e sicurezza pubblica di cui al citato comma 2 si ritiene rientri anche l’attività di vigilanza privata trattandosi, peraltro, di attività finalizzata al pubblico interesse.
Il lavoro notturno va inteso - secondo l’espresso dettato legislativo (art. 2, co. 1, lett. a) - come attività svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino.
Questo significa che, a prescindere dalla eventuale maggiorazione retributiva prevista dai contratti collettivi di categoria, il periodo da considerare come "notturno" non deve essere inferiore alle 7 ore consecutive all’interno delle quali deve essere ricompreso l’intervallo tra le 24 e le 5 del mattino.
Quindi il lavoro notturno è quello svolto, consecutivamente, tra:
L’art. 2, co. 1, lett. b) introduce la nozione di "lavoratore notturno" che va riferita all’orario giornaliero ovvero settimanale, mensile o annuo.
Con riferimento all’orario giornaliero è lavoratore notturno chiunque svolga, in via non occasionale, almeno 3 ore del suo tempo di lavoro. In questo caso occorre far riferimento alla definizione di lavoro notturno indicata dal contratto collettivo: infatti, se il contratto ha individuato come lavoro notturno il periodo tra le 23 e le 6, il lavoratore sarà considerato "notturno" a fronte di una prestazione che comprenda, ad esempio, almeno l’intervallo tra le 23 e le 2.
E’ considerato, altresì, lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, almeno una "parte" del suo orario normale durante il periodo notturno. Questa "parte" dovrà essere definita dalla contrattazione collettiva. In mancanza di specifica disposizione del contratto collettivo, è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, per almeno 80 giorni all’anno, lavoro notturno nell’ambito dei limiti temporali sopra specificati.
Giova sottolineare, in definitiva, che per poter essere considerato "lavoratore notturno", il prestatore di lavoro deve svolgere le proprie mansioni di notte in via normale; la prestazione quindi non deve avere carattere eccezionale.
Coerenti con i principi di delega sono le limitazioni al lavoro notturno disposte dall’art. 3 del decreto legislativo.
Sottolineato il principio della priorità della volontarietà nell’effettuazione del lavoro notturno, tenuto conto delle esigenze aziendali (in conformità al criterio stabilito dall’art. 17, 2° comma, lett. c) legge comunitaria 98) e ribaditi i limiti previsti dall’art. 5, commi 1 e 2 l. 903/77 come sostituito dall’art. 17, comma 1° legge 25/99, il decreto legislativo demanda alla contrattazione collettiva la determinazione di ulteriori limitazioni ovvero di ulteriori priorità.
Mancando una specifica previsione nella norma di delega, l’art. 4 del decreto in esame relativo alla durata della prestazione, risulta coerente con l’art. 8 della direttiva comunitaria nonché con l’accordo interconfederale.
Alla contrattazione collettiva, anche aziendale, che preveda un orario di lavoro plurisettimanale, è riconosciuta la facoltà di individuare un periodo di riferimento piu’ ampio sul quale calcolare, come media, il limite massimo di 8 ore di lavoro che il decreto riferisce ad un periodo di riferimento di 24 ore.
In altri termini, le condizioni per superare (da parte dei lavoratori notturni, le 8 ore ( nelle 24 ore) sono due: a. la previsione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un’articolazione oraria su base plurisettimanale; b. la previsione di un periodo di riferimento piu’ ampio delle 24 ore.
In questa ipotesi derogatoria si ritiene debbano essere comprese anche le articolazioni in giorni fissi su base settimanale (ad es. i c.d. turni week-end).
Le condizioni di cui alle lettere a) e b) si devono intendere già realizzate dai contratti collettivi nazionali che prevedono orari plurisettimanali e che stabiliscono un orario settimanale da calcolarsi come media in un periodo piu’ ampio.
Nel computo della media di cui al citato art. 4, co. 1 non si deve, peraltro, tener conto del periodo di riposo settimanale di 24 ore di cui agli artt. 1 e 3 della legge 370/1934 se questo cade nel periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al precitato comma 1 dell’art. 4.
Il conferimento all’autonomia negoziale del compito di disciplinare quegli aspetti dell’istituto che maggiormente incidono sull’organizzazione del lavoro si rinviene anche in ordine alla individuazione delle modalità di assegnazione del lavoratore notturno ad altre mansioni o ruoli diurni nel caso in cui sopraggiungano condizioni di salute che comportano l’inidonietà accertata dal "medico competente" (cosi’ come individuato dall’art. 17 del Decreto legislativo 626/94) alla prestazione di lavoro notturno.
Anche la riduzione dell’orario di lavoro normale e la relativa maggiorazione retributiva saranno oggetto di determinazione negoziale (art.7, co. 1).
Si tratta di una indicazione di politica sindacale che, tuttavia, non comporta alcun cumulo fra la generica previsione dell’art.7, co.1 e quanto già riconosciuto dalla contrattazione collettiva in materia di riduzioni di orario e di maggiorazioni. Più in particolare, per quanto attiene allo specifico trattamento economico, l’indicazione della legge non si traduce in un onere aggiuntivo rispetto alle disposizioni della contrattazione collettiva che già stabiliscono maggiorazioni o trattamenti indennitari per i lavoratori notturni, anche se inseriti in turni avvicendati.
Al riguardo, si ritiene opportuno chiarire che la riduzione di orario e la maggiorazione retributiva potranno essere stabilite dalla contrattazione collettiva solo nel caso di prestazioni di lavoro notturno come definito al punto 2).
In tema di rapporti sindacali è previsto, invece, prima dell’introduzione del lavoro notturno, l’obbligo di una preventiva consultazione con le parti sociali (art. 8).
Tale previsione è riferibile all’ipotesi in cui il lavoro notturno venga introdotto ex novo, ma non incide sulle situazioni già in atto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame.
Solo un’informativa, comunque, deve essere data ai lavoratori sui rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno e sui servizi per la prevenzione e la sicurezza (art.9). A differenza del precedente, si ritiene che questo sia un adempimento che occorrerà verificare se, con riferimento alle situazioni in atto, possa risultare o no già assolto dovendosi, in caso contrario, procedere ad un’adeguata informazione.
La stessa informativa deve essere resa alle rappresentanze sindacali unitarie o alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Infine, relativamente all’obbligo di comunicazione, da parte del datore di lavoro, del lavoro notturno alla competente DPL - Sezione ispezione del lavoro - l’art. 10 del provvedimento riprende, su questo punto, sia l’art. 11 della direttiva comunitaria sia l’accordo interconfederale, anche se la norma di delega non prevede specificatamente nulla al riguardo.
Sul piano delle sanzioni, l’art. 12 del decreto legislativo in esame, in coerenza con il nuovo assetto del sistema sanzionatorio risultante dal Decreto legislativo 758/94 – che limita le sanzioni di carattere penale alle sole violazioni delle norme di sicurezza e di igiene del lavoro – contempla l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 89, comma 2, lett. a) del decreto legislativo 626/94 (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da £ 3.000.000 a £ 8.000.000 ) per la violazione dell’art. 5 e cioè degli obblighi di sottoporre i lavoratori notturni alle prescritte visite mediche preventive periodiche ovvero ad accertamenti sanitari in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno.
E’ punita, invece, con una sanzione amministrativa (da £ 100.000 a £ 300.000 per ogni giorno e per ogni lavoratore) l’adibizione del lavoratore al lavoro notturno oltre i limiti temporali previsti dall’art. 4.
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO DELEGATO
(DOTT. RAFFAELE MORESE)
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