Riforma sanitaria modifiche alla Legge n 502 del 1992

IL TESTO COMPLETO DELLA NUOVA RIFORMA SANITARIA CHE MODIFICA LA LEGGE 502 '92

 

 

Articolo 1

 

 

Modificazioni all'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n 502, è sostituito dal seguente:

 

 

"Articolo 1

Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza

 

1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività dei Servizi sanitari regionali e degli enti e istituzioni di rilievo nazionale, nel rispetto dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto.

2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, dell'appropriatezza rispetto alle specifiche esigenze e dell'economicità nell'impiego delle risorse.

3. L'individuazione delle priorità assistenziali e delle prestazioni assicurate a garanzia dei livelli essenziali di assistenza è contestuale alla determinazione delle risorse finanziarie da assegnare alla tutela della salute.

4. Le Regioni, singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza ivi individuati o negli atti che ne costituiscono attuazione. Anche ai fini della determinazione del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale e della valutazione della sua compatibilità con la programmazione socio-economica nazionale, le Regioni trasmettono al ministro della Sanità, non oltre il sessantesimo giorno precedente il termine di presentazione alle Camere del Documento di programmazione economico-finanziaria di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modifiche, la Relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l'anno successivo.

5. Il Governo, su proposta del ministro della Sanità, sentite le commissioni parlamentari competenti per la materia che si esprimono entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'atto, predispone il Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle Regioni entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Governo, ove si discosti dal parere delle commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il Piano è adottato ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle seguenti aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale per il 1998-2000:

a) assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

b) assistenza distrettuale;

c) assistenza ospedaliera.

Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:

a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;

b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;

c) non soddisfano il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell'assistenza.

Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in istituzioni sanitarie accreditate dal Ssn esclusivamente nell'ambito di appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal ministero della Sanità.

7. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 ottobre dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.

8. Il Piano sanitario nazionale indica:

a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;

b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria, da assicurare per il triennio di validità del Piano;

c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza;

d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovra-regionale;

e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali;

f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca;

g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane;

h) le linee-guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;

i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.

9. I progetti-obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale sono adottati dal ministro della Sanità con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con gli altri ministri competenti per materia, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

10. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal ministro della Sanità:

a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio nazionale;

b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale;

c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale;

d) riferisce sui risultati conseguiti dalle Regioni in riferimento all'attuazione dei Piani sanitari regionali;

e) fornisce indicazioni per l'elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione degli interventi.

11. Il Piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le Regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione dei Comuni, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale.

12. Le Regioni stabiliscono le modalità di acquisizione del parere del ministero della Sanità sullo schema di Piano sanitario regionale ove questo sia adottato con atto non legislativo né regolamentare. Qualora il Piano sanitario regionale sia adottato con atto regolamentare, nell'esercizio del controllo sul medesimo ai sensi dell'articolo 17, comma 32, della legge 15 maggio 1997, n. 127, è acquisito il parere del ministero della Sanità. Il parere è reso entro il termine di dieci giorni, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

13. Il ministro della Sanità promuove forme di collaborazione e linee-guida comuni in funzione dell'applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento. Per quest'attività il ministero si avvale dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

14. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta l'inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale.

15. Trascorso un anno dall'entrata in vigore del Piano sanitario nazionale senza che la Regione abbia adottato il Piano sanitario regionale, alla Regione non è consentito l'accreditamento di nuove strutture. Il ministro della Sanità, sentita la Regione interessata, fissa un termine non inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, adotta gli atti necessari per dare attuazione nella Regione al Piano sanitario nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta.

16. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui all'articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona. Ai fini del presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel settore dell'assistenza sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere d), e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, del medesimo decreto.".

 

 

Articolo 2

 

 

Modificazioni all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. All'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti commi:

"2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, assicurandone il raccordo o l'inserimento nell'organismo rappresentativo delle autonomie locali, ove istituito. Fanno, comunque, parte della Conferenza: il sindaco del Comune nel caso in cui l'ambito territoriale dell'azienda unità sanitaria locale coincida con quello del Comune; il presidente della Conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi in cui l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune; rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali.

2-ter. Il progetto del Piano sanitario regionale è sottoposto alla Conferenza di cui al comma 2-bis, ed è approvato previo esame delle osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza. La Conferenza partecipa, altresì, nelle forme e con le modalità stabilite dalla legge regionale, alla verifica della realizzazione del Piano attuativo locale, da parte delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 4, e dei piani attuativi metropolitani.

2-quater. Le Regioni, nell'ambito della loro autonomia, definiscono i criteri e le modalità anche operative per il coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché l'eventuale costituzione di appositi organismi.

2-quinquies. La legge regionale disciplina il rapporto tra programmazione regionale e programmazione attuativa locale, definendo in particolare le procedure di proposta, adozione e approvazione del Piano attuativo locale e le modalità della partecipazione a esso degli enti locali interessati. Nelle aree metropolitane il piano attuativo metropolitano è elaborato dall'organismo di cui al comma 2-quater, ove costituito.

2-sexies. La Regione disciplina altresì:

a) l'articolazione del territorio regionale in unità sanitarie locali, le quali assicurano attraverso servizi direttamente gestiti l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dal presente decreto per quanto attiene alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale e le altre strutture pubbliche e private accreditate;

b) i princìpi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis;

c) la definizione dei criteri per l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti, da parte dell'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle peculiarità delle zone montane e a bassa densità di popolazione;

d) il finanziamento delle unità sanitarie locali, sulla base di una quota capitaria corretta in relazione alle caratteristiche della popolazione residente con criteri coerenti con quelli indicati all'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

e) le modalità di vigilanza e di controllo, da parte della Regione medesima, sulle unità sanitarie locali, nonché di valutazione dei risultati delle stesse, prevedendo in quest'ultimo caso forme e modalità di partecipazione della Conferenza dei sindaci;

f) l'organizzazione e il funzionamento della Commissione regionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari, la quale opera in raccordo e cooperazione con la Commissione nazionale di cui all'articolo 19-bis;

g) fermo restando il generale divieto di indebitamento, la possibilità per le unità sanitarie locali di:

1) anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale;

2) contrazione di mutui e accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino a un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale e interessi, non superiore al quindici per cento delle entrate proprie correnti a esclusione della quota di Fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla Regione;

h) le modalità con cui le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere assicurano le prestazioni e i servizi contemplati dai livelli aggiuntivi di assistenza finanziati dai Comuni ai sensi dell'articolo 2 comma 1, lettera l, della legge del 30 novembre 1998, n. 419.

2-septies. Le Regioni istituiscono entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto l'elenco ufficiale delle istituzioni e degli organismi a scopo non lucrativo di cui all'articolo 1, comma 15.

2-octies. Salvo quanto diversamente disposto, quando la Regione non adotta i provvedimenti previsti dai commi 2-bis, 2-ter, 2-quinquies e 2-septies, il ministro della Sanità, sentite la Regione interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, fissa un congruo termine per provvedere; decorso tale termine, il ministro della Sanità, sentito il parere della medesima Agenzia e previa consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. L'intervento adottato dal Governo non preclude l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto in via sostitutiva ed è efficace sino a quando i competenti organi regionali abbiano provveduto.".

 

 

 

Articolo 3

 

 

Modificazioni all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è sostituito dai seguenti:

"1. Le Regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, avvalendosi anche delle aziende di cui all'articolo 4.

1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri stabiliti con la legge regionale di cui all'articolo 2, comma 2-sexies. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica.

1-ter. Le aziende di cui ai commi 1 e 2 informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l'equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono mediante atti di diritto privato. I contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in materia, sono appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell'atto aziendale di cui al comma 1-bis.

1-quater. Sono organi dell'azienda il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l'atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell'azienda. Il direttore generale è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario, nonché, salvo diversa determinazione regionale, dal direttore socio-sanitario. La previsione del direttore socio-sanitario non si applica alle aziende di cui all'articolo 4. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione strategica di cui all'articolo 17-bis.

1-quinquies. Il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il direttore socio-sanitario sono nominati dal direttore generale e partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione strategica dell'azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale.".

2. Sono abrogati i commi 2; 3; 4; 5, lettere a), b), c), d), e), f); 6. quarto, quinto, settimo, dodicesimo, tredicesimo periodo; 7 primo, secondo, terzo, quarto, ottavo limitatamente alle parole "e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza", nono periodo; 8 e 12 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni.

3. Dopo l'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunti i seguenti articoli:

 

 

"Articolo 3-bis

Direttore generale, direttore amministrativo, direttore sanitario, direttore socio-sanitario

 

1. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all'articolo 1 del decreto legge 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994 n. 590, senza necessità di valutazioni comparative.

2. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio. Scaduto tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies.

3. Gli aspiranti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) diploma di laurea;

b) esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o private, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta nei dieci anni precedenti la pubblicazione dell'avviso.

4. I direttori generali nominati devono produrre, all'atto della nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. I predetti corsi sono organizzati e attivati dalle Regioni, anche in ambito interregionale e in collaborazione con le Università o altri soggetti pubblici o privati accreditati ai sensi dell'articolo 16-ter, operanti nel campo della formazione manageriale, con periodicità almeno biennale. I contenuti, la metodologia delle attività didattiche, la durata dei corsi, non inferiore a centoventi ore programmate in un periodo non superiore a sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della certificazione, sono stabiliti con decreto del ministro della Sanità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. I direttori generali in carica e quelli nominati entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto producono il certificato di cui al presente comma entro un triennio da tale data.

5. Le Regioni determinano preventivamente, in via generale, i criteri di valutazione dell'attività dei direttori generali; all'atto della nomina di ciascun direttore generale, esse definiscono e assegnano, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle relative risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi. In assenza di determinazione regionale dei criteri, si applica l'articolo 2, comma 2-octies; ove manchi, o sia manifestamente carente, la determinazione degli obiettivi, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta.

6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la Regione procede alla verifica dei risultati aziendali conseguiti e, sentito il parere del sindaco o della Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, procede o meno alla conferma, entro i tre mesi successivi alla scadenza del termine; la disposizione si applica in ogni altro procedimento di valutazione dell'operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal comma 7.

7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, la Regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la Regione provvede previo parere della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale, possono chiedere alla Regione di risolvere il contratto del direttore generale, dichiarandone la decadenza, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto.

8. In ogni procedimento di revoca si prescinde dal parere della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, nei casi di particolare gravità e urgenza.

9. Quando i procedimenti di valutazione e di revoca di cui ai commi 5, 6 e 7 riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis è integrata con il sindaco del Comune capoluogo della provincia in cui è situata l'azienda.

10. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo, del direttore sanitario e del direttore socio-sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del Titolo terzo del libro quinto del codice civile. La Regione disciplina le cause di risoluzione del rapporto con il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il direttore socio-sanitario.

11. La Regione può stabilire che il conferimento dell'incarico di direttore amministrativo e di direttore socio-sanitario sia subordinato, in analogia a quanto previsto per il direttore sanitario dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, alla frequenza del corso di formazione programmato per il conferimento dell'incarico di direttore generale o del corso di formazione manageriale di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 o di altro corso di formazione manageriale appositamente programmato.

12. La carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, ferma restando la facoltà per le pubbliche amministrazioni di riammettere in servizio il dipendente alla cessazione dell'incarico, su sua richiesta e in presenza di un posto vacante in organico. In sede di prima applicazione il regime della incompatibilità non si applica, fino alla scadenza del contratto, ai direttori generali già in carica.

13. La nomina a direttore amministrativo, direttore sanitario nonché, ove previsto, di direttore socio-sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni. L'aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono a effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto all'unità sanitaria locale o all'azienda ospedaliera interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell'interessato.

14. Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di cui al comma 12, siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto nei limiti dei massimali previsti dall'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, è versata dall'unità sanitaria locale o dall'azienda ospedaliera di appartenenza, con recupero della quota a carico dell'interessato.

15. In sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio 1995, n. 502 si applica il comma 4 del presente articolo.

16. Il rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale è regolato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si applica l'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

 

 

Articolo 3-ter

Collegio sindacale

 

1. Il collegio sindacale:

a) controlla l'amministrazione dell'azienda;

b) vigila sull'osservanza della legge, anche con riferimento all'esatto adempimento degli obblighi di trasmissione dei flussi informativi previsti dalla normativa statale e regionale;

c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di cassa;

d) riferisce almeno trimestralmente alla Regione, anche su richiesta di quest'ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità; trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una propria relazione sull'andamento dell'attività dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del Comune capoluogo della provincia dove è situata l'azienda stessa.

2. I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di ispezione e controllo, anche individualmente.

3. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla Regione, uno designato dal ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal ministro della Sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di rappresentanza dei Comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra esperti di organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ovvero tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il ministero di Grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del Tesoro, bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali.

 

 

Articolo 3-quater

Il distretto

 

1. La legge regionale disciplina l'articolazione in distretti dell'unità sanitaria locale, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalle disposizioni di cui al comma 3 del presente articolo, all'articolo 3-quinquies, comma 2 e all'articolo 3-sexies, comma 3; ove la Regione non disponga, si applicano le predette disposizioni. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, in considerazione delle condizioni geomorfologiche e degli insediamenti umani e produttivi, e garantendo una popolazione minima di sessantamila abitanti.

2. Il distretto provvede alla gestione diretta dei servizi di assistenza primaria, per quanto concerne le attività sanitarie e le attività socio-sanitarie di cui al successivo articolo 3-quinquies; assicura il coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presidi ospedalieri, inserendole organicamente nel Piano territoriale di salute. Al distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento.

3. Il Piano territoriale di salute, ispirato al principio della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative:

a) prevede la localizzazione dei servizi a gestione diretta di cui all'articolo 3-quinquies,

b) determina le risorse per l'integrazione socio-sanitaria di cui all'articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell'unità sanitaria locale e dei Comuni, nonché la localizzazione dei presidi per il territorio di competenza;

c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate, dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale, tenuto conto delle priorità definite a livello regionale.

4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati dalla Regione, concorre alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Piano territoriale di salute. Nei Comuni la cui ampiezza territoriale coincide con quella dell'unità sanitaria locale o la supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal Comitato dei presidenti di circoscrizione.

 

 

Articolo 3-quinquies

Funzioni e risorse del distretto

 

1. Le Regioni disciplinano l'organizzazione del distretto in modo da garantire:

a) l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale e pediatri di libera scelta con i servizi di guardia medica notturna e festiva;

b) l'organico inserimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nelle strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, garantendo inoltre il necessario coordinamento con le strutture ospedaliere ed extra-ospedaliere accreditate;

c) l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai Comuni.

2. Il distretto garantisce:

a) presidi ambulatoriali polispecialistici;

b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;

c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia;

d) attività o servizi rivolti a disabili e anziani;

e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;

f) attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale.

Trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale e del dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla persona.

 

 

Articolo 3-sexies

Direttore di distretto

 

1. Il direttore del distretto realizza le indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, allocandole in modo da garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai servizi e l'integrazione tra i servizi, nella logica della continuità assistenziale. Il direttore del distretto supporta la direzione generale nei rapporti con i sindaci del distretto.

2. Il direttore di distretto può avvalersi di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto da rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi distrettuali. Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale e uno dei pediatri di libera scelta operanti nel distretto.

3. L'incarico di direttore di distretto è attribuito a un dirigente sanitario di secondo livello dell'azienda con almeno cinque anni di anzianità di funzione. L'incarico può essere attribuito, per particolari esigenze, a un medico convenzionato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, da almeno dieci anni, ovvero a estranei all'azienda, purché in possesso di esperienza gestionale almeno decennale, con qualifica di dirigente in aziende o enti pubblici o privati, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria.

4. La legge regionale disciplina gli oggetti di cui agli articoli 3-quater, comma 3, 3-quinquies, comma 2 e 3-sexies, comma 3, nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle medesime disposizioni; ove la Regione non disponga, si applicano le predette disposizioni.

 

 

Articolo 3-septies

Integrazione socio-sanitaria

 

1. Si definiscono prestazioni socio-sanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante un complesso processo assistenziale, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale.

2. Le prestazioni socio-sanitarie comprendono:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di handicap o di emarginazione collegati allo stato di salute.

3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individua, sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai Comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario cui correlare le quote capitarie relative al fondo sociale.

4. L'elevata integrazione socio-sanitaria attiene prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. In tali aree sono assicurate le prestazioni socio-sanitarie mediante percorsi assistenziali integrati, in grado di garantire continuità, anche nel lungo periodo, tra azioni di cura e riabilitazione.

5. Le prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono assicurate e gestite dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali.

6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La Regione definisce altresì criteri di finanziamento per le prestazioni sanitarie di rilevanza sociale sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza.

7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il ministro della Sanità, il ministro per la Solidarietà sociale e il ministro per la Funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi socio-sanitari.

 

 

Articolo 3-octies

Gestione unitaria e integrata dei servizi socio-sanitari

 

1. Le Regioni disciplinano i criteri e le modalità mediante i quali Comuni e aziende sanitarie garantiscono l'integrazione, su scala distrettuale, delle attività socio-sanitarie di rispettiva competenza. Le Regioni determinano altresì, sulla base dei criteri posti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3-septies, comma 3, il finanziamento per i servizi sanitari a rilievo sociale, con particolare riferimento a quelli a elevata integrazione sanitaria.

 

 

Articolo 3-nonies

Integrazione professionale

 

1. L'assistenza socio-sanitaria ha caratteristiche interprofessionali nelle seguenti fasi: valutazione interdisciplinare del bisogno, elaborazione dei piani di lavoro, erogazione dell'assistenza, verifica e valutazione dell'efficacia` dell'intervento.

2. Con decreto del ministro della Sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità, di concerto con il ministro per la Solidarietà sociale, sono integrate le tabelle dei servizi, delle specializzazioni e delle discipline previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale con l'introduzione dell'area delle prestazioni socio-sanitarie comprendente idonee discipline.

3. Il ministro della Sanità, con decreto emanato di concerto con il ministro per la Solidarietà sociale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, istituisce, all'interno del Servizio sanitario, l'area delle prestazioni socio-sanitarie, individuando le discipline e le equipollenze per le idoneità di accesso alla dirigenza dell'area.

4. Con decreto del ministro della Sanità, di concerto con i ministri dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la Solidarietà sociale, sono individuati i profili professionali dell'area socio-sanitaria, disciplinando in via prioritaria i profili professionali dell'assistente sociale, dell'educatore e degli operatori socio-sanitari dell'assistenza residenziale e domiciliare.

5. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell'area delle prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria sono individuate con regolamento del ministro della Sanità, di concerto con i ministri dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la Solidarietà sociale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; i relativi ordinamenti didattici sono definiti dagli atenei, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base di criteri generali determinati con decreto del ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri ministri interessati, tenendo conto dell'esigenza di una formazione interdisciplinare, adeguata alle competenze delineate nei profili professionali e attuata con la collaborazione di più facoltà universitarie.".

 

 

 

Articolo 4

 

 

Modificazioni all'articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 è sostituito dai seguenti:

 

"1. Per specifiche esigenze assistenziali di ricerca scientifica, nonché di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui al comma 2, possono essere costituiti o confermati in aziende, disciplinate dall'articolo 3, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, con le particolarità procedurali e organizzative previste dalle disposizioni attuative dell'articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59; le aziende di cui all'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, salvo quanto verrà disciplinato in sede di attuazione della delega ivi prevista; le aziende ospedaliere di rilievo nazionale o interregionale.

1-bis. Nell'ambito della riorganizzazione della rete dei servizi conseguente al riordino del sistema delle aziende previsto dal presente decreto, le Regioni possono proporre la costituzione o la conferma in aziende ospedaliere dei presidi ospedalieri in possesso di tutti i seguenti requisiti:

a) organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative presenti nella struttura, disciplinata dall'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis, in coerenza con l'articolo 17-bis;

b) disponibilità di un sistema di contabilità economico patrimoniale e di una contabilità per centri di costo;

c) presenza di almeno tre unità operative di alta specialità secondo le specificazioni di cui al decreto del ministro della Sanità 29 gennaio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 1992, e successive modificazioni;

d) dipartimento di emergenza di secondo livello, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992, e successive modificazioni, secondo le specificazioni contenute nell'Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee-guida sul sistema di emergenza sanitaria pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;

e) ruolo di ospedale di riferimento in programmi integrati di assistenza su base regionale e interregionale, così come previsto dal Piano sanitario regionale;

f) attività di ricovero in degenza ordinaria, nel corso dell'ultimo triennio, per pazienti residenti in Regioni diverse, superiore di almeno il venti per cento rispetto al valore medio regionale, salvo che per le aziende ubicate in Sicilia e in Sardegna;

g) indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in ricovero ordinario, nel corso dell'ultimo triennio, superiore ad almeno il venti per cento del valore medio regionale;

h) disponibilità di un proprio patrimonio immobiliare adeguato e sufficiente per consentire lo svolgimento delle attività istituzionali di tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.

I requisiti di cui alle lettere c) e d) non si applicano agli ospedali specializzati di cui al decreto ministeriale 31 gennaio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 2 giugno 1995.

1-ter. Nel predisporre il Piano sanitario regionale, e comunque dopo tre anni dall'entrata in vigore del presente decreto, la Regione procede a verificare la permanenza dei requisiti di cui al comma 1-bis e a valutare l'equilibrio economico delle aziende ospedaliere costituite nel suo ambito territoriale. In caso di grave disavanzo nel triennio considerato, oppure di perdita dei requisiti di cui al comma 1-bis, la costituzione in azienda viene revocata, secondo le procedure previste per la costituzione medesima, e la Regione individua l'unità sanitaria locale subentrante nei relativi rapporti attivi e passivi.

1-quater. I presidi attualmente costituiti in aziende ospedaliere, con esclusione dei presidi di cui al comma 6, per i quali viene richiesta la conferma e che non soddisfano i requisiti di cui al comma 1-bis, possono essere confermati per un periodo massimo di tre anni, sulla base di un progetto di adeguamento presentato dalla Regione, con la procedura di cui al comma 1-quinquies. Alla scadenza del termine previsto nel provvedimento di conferma, la Regione attiva la procedura di cui all'ultimo periodo del comma 1-ter. Si applica l'articolo 2, comma 2-octies.

1-quinquies. Le Regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmettono al ministro della Sanità le proprie indicazioni ai fini della individuazione degli ospedali di rilievo nazionale o interregionale da costituire in azienda ospedaliera avuto riguardo a quanto previsto dal comma 1-bis. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il ministro della Sanità, attenendosi alle indicazioni pervenute dalle Regioni previa verifica dei requisiti e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie proposte al Consiglio dei ministri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data della deliberazione del Consiglio dei ministri, le Regioni costituiscono in azienda, ai sensi del comma 1, i predetti ospedali.

1-sexies. Le Regioni definiscono le modalità dell'integrazione dell'attività assistenziale delle aziende di cui al comma 1 nella programmazione regionale e le forme della collaborazione con le unità sanitarie locali in rapporto alle esigenze assistenziali dell'ambito territoriale in cui operano, anche ai sensi degli articoli 3-septies e 3-octies.

2. Sono abrogati i commi 2, lettera a), primo periodo e lettera b), 4 e 7 dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni.".

 

 

 

Articolo 5

 

 

Modificazioni all'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 è sostituito dal seguente:

 

 

"Articolo 5

Patrimonio e contabilità

 

1. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i beni mobili e immobili a esse appartenenti, ivi compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i beni comunque acquisiti nell'esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità.

2. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere hanno disponibilità del patrimonio secondo il regime della proprietà privata, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 830, comma 2, del codice civile. Gli atti di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono assoggettati a previa autorizzazione della Regione. I beni mobili e immobili che le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico utilizzano per il perseguimento dei loro fini istituzionali costituiscono patrimonio indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina dell'articolo 828, comma 2, del codice civile.

3. Le leggi e i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono titolo per la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e tasse.

4. Gli atti di donazione a favore delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere che abbiano a oggetto beni immobili con specifica destinazione a finalità rientranti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sono esenti dal pagamento delle imposte di donazione, ipotecarie e catastali.

5. Qualora non vi abbiano già provveduto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Regioni emanano norme per la gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai principi di cui al codice civile, così come integrato e modificato con Dlgs 9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo:

a) la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;

b) l'adozione del bilancio economico pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico annuale relativo all'esercizio successivo;

c) la destinazione dell'eventuale avanzo e le modalità di copertura degli eventuali disavanzi di esercizio;

d) la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;

e) l'obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rendere pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo e responsabilità;

f) il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso eventuali dimissioni e conferimenti.

6. Per conferire l'uniforme struttura alle voci dei bilanci pluriennali e annuali e dei conti consuntivi annuali, nonché omogeneità ai valori inseriti in tali voci e per consentire all'Agenzia per i servizi sanitari rilevazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, è predisposto apposito schema, con decreto interministeriale emanato di concerto fra i ministri del Tesoro e della Sanità, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

7. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere sono tenute agli adempimenti di cui all'articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e all'articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. La disciplina contabile di cui al presente articolo decorre dal 1° gennaio 1995 e la contabilità finanziaria è soppressa.".

2. Dopo l'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 è aggiunto il seguente:

 

 

"Articolo 5-bis

Ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico

 

1. Nell'ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, il ministero della Sanità può stipulare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e nei limiti delle disponibilità finanziarie, iscritti nel bilancio, accordi di programma con le Regioni e con altri soggetti pubblici interessati aventi a oggetto la relativa copertura finanziaria nell'arco pluriennale degli interventi, l'accelerazione delle procedure e la realizzazione di opere, con particolare riguardo alla qualificazione e messa a norma delle strutture sanitarie.

2. Gli accordi di programma previsti dal comma 1 disciplinano altresì le funzioni di monitoraggio e di vigilanza demandate al ministero della Sanità, i rapporti finanziari fra i soggetti partecipanti all'accordo, le modalità di erogazione dei finanziamenti statali, le modalità di partecipazione finanziaria delle Regioni e degli altri soggetti pubblici interessati, nonché gli eventuali apporti degli enti pubblici preposti all'attuazione.

3. Qualora dall'attività di verifica e monitoraggio dell'attuazione del programma concordato emergano comportamenti di inerzia o ritardi immotivati da parte delle Regioni o degli enti preposti all'attuazione, si applica l'articolo 2, comma 2-octies. In caso di mancata attivazione del programma oggetto dell'accordo entro i termini ivi previsti, la copertura finanziaria assicurata dal ministero della Sanità viene riprogrammata e riassegnata in favore di altre Regioni o enti pubblici interessati al programma di investimenti, tenuto conto della capacità di spesa e di immediato utilizzo delle risorse da parte dei medesimi.".

 

 

 

Articolo 6

 

 

Integrazioni all'articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. Dopo l'articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunti i seguenti:

 

 

"Articolo 6-bis

Protocolli d'intesa tra le Regioni, le Università e le strutture del Servizio sanitario nazionale

 

1. Con decreto del ministro della Sanità, di concerto con il ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono elaborate ogni tre anni linee-guida per la stipulazione di protocolli d'intesa tra le Regioni, le Università e le strutture del Servizio sanitario nazionale, determinando i parametri al fine di individuare le strutture universitarie per lo svolgimento delle attività assistenziali e le strutture per la formazione specialistica e i diplomi universitari.

2. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 si applicano le linee-guida di cui al decreto dei ministri della Sanità e dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica 31 luglio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 1997.

3.Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 le strutture sono individuate, per quanto concerne la formazione specialistica, in conformità al decreto del ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica 17 dicembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 1997 e, per quanto concerne i diplomi universitari, in conformità al decreto del ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica 24 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997.

 

 

Articolo 6-ter

Fabbisogno di personale sanitario

 

1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il ministro della Sanità, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, determina il fabbisogno dei medici chirurghi, dei veterinari, degli odontoiatri, dei farmacisti, dei biologi, dei chimici, dei fisici, degli psicologi, nonché del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione ai soli fini della programmazione da parte del ministero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario. Con la stessa procedura è determinato, altresì, il fabbisogno degli ottici, degli odontotecnici e del restante personale sanitario e socio-sanitario che opera nei servizi e nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.

2. A tali fini i decreti di cui al comma 1 tengono conto:

a) degli obiettivi e dei livelli essenziali di assistenza indicati dal Piano sanitario nazionale e da quelli regionali;

b) dei modelli organizzativi dei servizi;

c) dell'offerta di lavoro;

d) della domanda di lavoro, tenendo conto del personale in corso di formazione e del personale, già formato, non ancora immesso nell'attività lavorativa.

3. Il fabbisogno formativo complessivo è ripartito tra le Regioni in relazione alle potenzialità delle strutture formative esistenti.

4. Gli enti pubblici e privati e gli ordini e collegi professionali sono tenuti a fornire al ministero della Sanità i dati e gli elementi di valutazione necessari per la determinazione dei fabbisogni riferiti alle diverse categorie professionali; in caso di inadempimento entro il termine prescritto il ministero provvede all'acquisizione dei dati attraverso commissari ad acta ponendo a carico degli enti inadempienti gli oneri a tal fine sostenuti.

5. Il numero degli iscrivibili alle scuole di specializzazione mediche è determinato ogni tre anni ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1991, n. 257, ferma restando la rilevazione annuale del fabbisogno anche ai fini della ripartizione annuale delle borse di studio a carico dello Stato. Il numero degli iscrivibili e la loro ripartizione fra le Regioni ai corsi di diploma universitario dell'area sanitaria è determinato annualmente con decreto del ministro della Sanità di concerto con il ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica.".

 

 

 

Articolo 7

 

 

Modificazioni all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 è abrogato.

2. Dopo l'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono inseriti i seguenti:

 

 

"Articolo 7-bis

Il dipartimento di prevenzione

 

1. Le Regioni disciplinano l'istituzione e l'organizzazione del dipartimento della prevenzione secondo i principi contenuti nelle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7-ter e 7-quater. Il dipartimento di prevenzione è struttura operativa dell'unità sanitaria locale che garantisce la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita.

2. A tal fine il dipartimento di prevenzione promuove azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. Partecipa alla formulazione del programma di attività della unità sanitaria locale, formulando proposte d'intervento nelle materie di competenza e indicazioni in ordine alla loro copertura finanziaria.

 

 

Articolo 7-ter

Funzioni del dipartimento di prevenzione

 

1. In base alla definizione dei livelli essenziali di assistenza, il dipartimento di prevenzione garantisce le seguenti funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica anche a supporto dell'autorità sanitaria locale:

a) profilassi delle malattie infettive e parassitarie;

b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali;

c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro;

d) sanità pubblica veterinaria;

e) tutela igienico-sanitaria degli alimenti;

f) sorveglianza e prevenzione nutrizionale.

Il dipartimento di prevenzione contribuisce inoltre alle attività di promozione della salute e di prevenzione delle malattie in collaborazione con gli altri servizi e dipartimenti aziendali.

 

 

Articolo 7-quater

Organizzazione del dipartimento di prevenzione

 

1. Il dipartimento di prevenzione opera nell'ambito del Piano attuativo locale, ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità. Il direttore del dipartimento è scelto dal direttore generale tra i dirigenti di secondo livello con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della gestione, in relazione alle risorse assegnate.

2. Le Regioni disciplinano l'articolazione delle aree funzionali di sanità pubblica, della tutela della salute negli ambienti di lavoro e della sanità pubblica veterinaria, prevedendo l'istituzione delle seguenti strutture organizzative specificatamente dedicate a:

a) igiene e la sanità pubblica;

b) igiene degli alimenti e nutrizione;

c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;

d) servizi veterinari, ai quali spettano in particolare le funzioni relative alla sanità animale; all'igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati; all'igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

3. Le strutture organizzative, in rapporto all'omogeneità della disciplina di riferimento e alle funzioni attribuite, si distinguono in servizi o in unità operative.

4. La struttura dei servizi veterinari opera quale centro di responsabilità, dotato di autonomia tecnico-funzionale e organizzativa nell'ambito della struttura dipartimentale, e risponde del perseguimento degli obiettivi del servizio nonché della gestione delle risorse economiche attribuite.

5. Nella regolamentazione del dipartimento di prevenzione, le Regioni possono prevedere, secondo le articolazioni organizzative adottate, la disciplina delle funzioni di medicina legale e necroscopica.

 

 

Articolo 7-quinquies

Coordinamento con le agenzie regionali per l'ambiente

 

1. Il ministro della Sanità e il ministro dell'Ambiente, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, stipulano, nell'ambito delle rispettive competenze, un accordo quadro per il coordinamento e la integrazione degli interventi per la tutela della salute e dell'ambiente che individua i settori di azione congiunta e i relativi programmi operativi.

2. Le Regioni individuano le modalità e i livelli di integrazione fra politiche sanitarie e politiche ambientali, prevedendo la stipulazione di accordi di programma e convenzioni tra le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente per la tutela della popolazione dal rischio ambientale, con particolare riguardo alle attività di sorveglianza epidemiologica e di comunicazione del rischio. Tali accordi devono comunque garantire l'erogazione delle prestazioni richieste dalle unità sanitarie locali per lo svolgimento di funzioni e di compiti istituzionali senza oneri aggiuntivi per il Servizio sanitario nazionale.

3. Le Regioni e le unità sanitarie locali, per le attività di laboratorio già svolte dai presidi multizonali di prevenzione come compito di istituto, in base a norme vigenti, nei confronti delle unità sanitarie locali, si avvalgono delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

 

 

Articolo 7-sexies

Istituti zooprofilattici sperimentali e uffici veterinari del ministero della Sanità

 

1. I servizi veterinari si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione tecnico-scientifica degli Istituti zooprofilattici sperimentali. La programmazione regionale individua le modalità di raccordo funzionale tra i servizi veterinari delle unità sanitarie locali e gli Istituti zooprofilattici sperimentali per il coordinamento delle attività di sanità pubblica veterinaria, nonché le modalità integrative rispetto all'attività dei posti di ispezione frontaliera veterinaria e degli uffici veterinari di confine, porto e aeroporto e quelli per gli adempimenti degli obblighi comunitari.

 

 

Articolo 7-septies

Funzioni di profilassi internazionale

 

1. Nell'ambito di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 relativamente alle funzioni di profilassi internazionale, le attribuzioni di igiene pubblica, ambientale e del lavoro di cui al decreto ministeriale 22 febbraio 1984 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 17 marzo 1984 e al decreto ministeriale 2 maggio 1985 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 18 giugno 1985 a esclusione delle suddette funzioni di profilassi internazionali su merci, persone e flussi migratori svolte dagli uffici di sanità marittima e aerea del ministero della Sanità, sono svolte dai dipartimenti di prevenzione delle unità sanitarie locali territorialmente competenti.

 

 

Articolo 7-octies

Coordinamento con gli ispettorati del lavoro

 

1. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 sulla base dei princìpi e criteri di cui agli articoli 7-bis e 7-ter, sono definiti gli indirizzi per un programma di azione nazionale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione al coordinamento fra le competenze ispettive delle unità sanitarie locali cui spetta la vigilanza sull'ambiente di lavoro, e quelle degli ispettorati del lavoro e dell'Inail.

2. Il dipartimento di prevenzione nell'organizzazione destinata alla tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro assicura nella programmazione della propria attività il raccordo diretto secondo le modalità concertative e consultive più idonee, con gli organismi paritetici delle parti sociali previste dall'articolo 20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.".

 

 

 

Articolo 8

 

 

Modificazioni all'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è sostituito dal seguente:

 

 

"Articolo 8

Medici di medicina generale e pediatri di libera scelta

 

1. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti principi:

a) prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha validità annuale ed è tacitamente rinnovata;

b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonché la ricusazione della scelta da parte del medico, qualora ricorrano eccezionali e accertati motivi di incompatibilità;

c) prevedere che l'accertato e non dovuto pagamento, anche parziale, da parte dell'assistito di prestazioni rese dal medico scelto comporti il venir meno del rapporto con il Servizio sanitario nazionale;

d) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto affidato, corrisposta su base annuale come corrispettivo delle funzioni definite in convenzione; una quota variabile in considerazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi per le prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui alla lettera f), nonché dell'allargamento dell'ambito di attività dei medici;

e) concordare, unitamente alle organizzazioni sindacali delle categorie di guardia medica e dei medici di medicina dei servizi, i compiti e le prestazioni da assicurare in base alla quota fissa per assistito, definendo gli ambiti rimessi ad accordi di livello regionale, i quali dovranno prevedere le specificità di settori aventi caratteristiche particolari e garantire la continuità assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, anche attraverso lo sviluppo di appropriate forme di associazionismo medico, come previsto dalla lettera j);

f) prevedere le modalità attraverso le quali le unità sanitarie locali, sulla base della programmazione regionale e nell'ambito degli indirizzi nazionali, concordino i programmi di attività e i conseguenti livelli di spesa programmati dei medici singoli o associati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto;

g) disciplinare le modalità di partecipazione dei medici alla definizione degli obiettivi e dei programmi di attività del distretto e alla verifica del loro raggiungimento;

h) disciplinare l'accesso alle funzioni di medico di medicina generale del Servizio sanitario nazionale secondo parametri definiti nell'ambito degli accordi regionali in modo che l'accesso medesimo sia consentito prioritariamente ai medici forniti dell'attestato di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256, o titolo equipollente ai sensi del predetto decreto, prevedendo altresì che la graduatoria annuale evidenzi i medici forniti dell'attestato, anche al fine di riservare loro una percentuale predeterminata di posti in sede di copertura delle zone carenti;

i) regolare la partecipazione di tali medici a società, anche cooperative, al fine di prevenire l'emergere di conflitti di interesse con le funzioni attribuite agli stessi medici dai rapporti convenzionali in atto;

j) prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i medici già titolari di convenzione operanti in forma associata, secondo modalità e in funzione di specifici obiettivi definiti in ambito convenzionale;

k) prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere sospesa, qualora nell'ambito della integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nella organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali attribuiscano a tali medici l'incarico di direttore di distretto o altri incarichi temporanei ritenuti inconciliabili con il mantenimento della convenzione.".

2. Sono abrogati i commi 5, 6, 7 e 9 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni. Il termine del 31 dicembre 1992 di cui al comma 1-bis è sostituito con "31 dicembre 1998".

3. Dopo l'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 sono aggiunti i seguenti:

 

 

"Articolo 8-bis

Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali

 

1. Le Regioni assicurano alla loro popolazione i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di altri soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies.

2. I cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell'ambito delle strutture accreditate con le quali siano stati definiti accordi contrattuali. L'accesso ai servizi è subordinato all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell'interessato.

3. La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinati, rispettivamente, a rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies.

 

 

Articolo 8-ter

Autorizzazioni alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie e all'esercizio di attività sanitarie

 

1. La realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie sono subordinati ad autorizzazione. Tali autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all'adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all'ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate, con riferimento alle seguenti tipologie:

a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno per acuti;

b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio;

c) strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo e/o diurno;

d) limitatamente all'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie, studi medici e odontoiatrici, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 3; nonché strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi.

2. Per la realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie il Comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui al decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni e integrazioni e alla legge 23 dicembre 1996, n. 662, la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione. Tale verifica è effettuata in base ai seguenti criteri:

a) il fabbisogno complessivo di assistenza che deve essere soddisfatto dalle strutture presenti in ambito regionale;

b) la localizzazione territoriale delle strutture, al fine di garantire l'accessibilità ai servizi e la valorizzazione delle aree di insediamento prioritario di nuove strutture.

3. L'esercizio delle attività sanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base dei princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del presente decreto. In sede di modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si individuano le strutture di cui al comma 1, lettera d), nonché alla definizione dei relativi requisiti minimi.

4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Regioni determinano:

a) le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie, e della autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria, prevedendo la possibilità del riesame dell'istanza, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente;

b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.

Trascorso inutilmente tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies.

 

 

Articolo 8-quater

Accreditamento istituzionale

 

1. L'accreditamento istituzionale è rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private, che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Nell'ambito delle linee di programmazione nazionale, la Regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza alla popolazione della Regione, nonché degli eventuali livelli integrativi locali e delle esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'articolo 9. La Regione provvede al rilascio dell'accreditamento a tutte le strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano i criteri di cui al primo periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui all'articolo 1, comma 15, e alle strutture private commerciali.

2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per l'accreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti dall'articolo 8-quinquies.

3. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, sentiti l'Agenzia per i servizi sanitari regionali e il Consiglio superiore di sanità, sono definiti i criteri uniformi per:

a) la definizione dei requisiti ulteriori per l'esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie e dei professionisti;

b) la verifica periodica della qualità dell'attività svolta e della accettabilità dei risultati raggiunti dalle strutture e dalle funzioni accreditate;

c) la valutazione della rispondenza delle strutture alle esigenze e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione dei volumi minimi e massimi di attività richiesti per l'esercizio efficace delle funzioni da accreditare, nonché i limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un'efficace competizione tra le strutture accreditate;

d) la determinazione del fabbisogno complessivo di assistenza previsto dalla programmazione regionale, tenuto conto dell'efficiente utilizzo della capacità produttiva potenziale delle strutture da accreditare;

e) la verifica periodica dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa;

f) le procedure e i termini per l'accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame dell'istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente;

g) le modalità e i tempi per l'adeguamento delle strutture, inclusa l'eventuale dismissione dell'attività, per le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e le aziende universitarie pubbliche;

h) le modalità e i tempi per la revoca dell'accreditamento, relativamente alle strutture private;

i) la classificazione delle strutture accreditate in base a complessità organizzativa e dotazione tecnologica, utilizzabile anche per l'eventuale articolazione del sistema tariffario.

4. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:

a) garantire l'eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai requisiti ulteriori richiesti per il rilascio dell'accreditamento e per la sua conferma periodica;

b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in tutte le strutture;

c) assicurare che tutte le strutture accreditate garantiscano dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili e alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei servizi;

d) garantire che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato;

e) prevedere la partecipazione della struttura a programmi di accreditamento professionale tra pari;

f) prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa dell'appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e interaziendali;

g) prevedere l'accettazione del sistema di controlli esterni sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito dalla Regione ai sensi dell'articolo 8-octies;

h) prevedere forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla verifica dell'attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all'accessibilità dei servizi offerti, nonché l'adozione e l'utilizzazione sistematica della carta dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la diffusione degli esiti dei programmi di valutazione di cui alle lettere e) e f);

i) disciplinare l'esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi all'assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti accreditati in applicazione dei medesimi criteri o di criteri comunque equivalenti a quelli adottati per i servizi interni alla struttura, secondo quanto previsto dal medesimo atto di indirizzo e coordinamento;

j) identificare i requisiti specifici per l'accreditamento di funzioni di particolare rilevanza, in relazione alla complessità organizzativo-funzionale della struttura, alla competenza e alla esperienza del personale richieste, alle dotazioni tecnologiche necessarie o in quanto in attuazione degli obiettivi prioritari definiti dalla programmazione nazionale;

k) definire criteri per la selezione degli indicatori relativi all'attività svolta e ai suoi risultati finali dalle strutture e dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze scientifiche disponibili;

l) definire i termini per l'adozione dei provvedimenti attuativi regionali e per l'adeguamento organizzativo delle strutture già autorizzate.

5. Entro sessanta giorni dalla emanazione dell'atto di indirizzo e coordinamento, le Regioni disciplinano il procedimento di verifica del possesso dei requisiti ulteriori e della qualità dell'attività svolta.

6. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento, le Regioni e le Province autonome procedono alla verifica della rispondenza ai requisiti ulteriori delle strutture già operanti, a partire da quelle temporaneamente accreditate ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 tenendo conto in particolare, in aggiunta ai criteri di cui al comma 3, dei seguenti elementi:

a) volume di attività, osservato in un adeguato periodo di tempo, non inferiore ai valori minimi individuati dall'atto di indirizzo e coordinamento, necessari per garantire adeguati livelli di qualità dell'assistenza;

b) verifica della appropriatezza dell'attività svolta e della qualità dei suoi risultati, secondo i criteri di cui al comma 4, lettera k).

7. Nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per nuove attività di strutture preesistenti già autorizzate, l'accreditamento può essere concesso solo temporaneamente e sotto condizione del rispetto delle indicazioni di cui al comma 6. La eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell'accreditamento temporaneamente concesso.

8. In presenza di una capacità produttiva superiore al fabbisogno determinato secondo le modalità di cui al comma 3, lettere c) e d), le Regioni e le unità sanitarie locali attraverso gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale. In caso di superamento di tale limite, e in assenza di specifico e adeguato intervento integrativo ai sensi dell'articolo 13, si procede, con le modalità di cui all'articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture private non lucrative e dalle strutture private commerciali.

 

 

Articolo 8-quinquies

Accordi contrattuali

 

1. Le Regioni, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, definiscono il sistema regionale degli accordi contrattuali con i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:

a) individuazione delle responsabilità riservate alla Regione e di quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto;

b) indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con l'indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale;

c) determinazione del piano delle attività relative alle alte specialità e alla rete dei servizi di emergenza;

d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso di ciascuna struttura allo stesso.

2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la Regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano:

a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;

b) il volume massimo di prestazioni che ciascuna struttura, presente nell'ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegna ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza;

c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica e organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale;

d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d);

e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo quanto previsto dall'articolo 8-octies.

 

 

Articolo 8-sexies

Remunerazione

 

1. Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre le attività di cui al comma 3 sono remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione.

2. Sono definite "funzioni assistenziali" le attività che rispondono alle seguenti caratteristiche:

a) programmi a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento alla assistenza per patologie croniche di lunga durata o recidivanti;

b) programmi di assistenza a elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona;

c) attività svolte nell'ambito della partecipazione a programmi di prevenzione;

d) programmi di assistenza a malattie rare;

e) attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 21 marzo 1992;

f) programmi sperimentali di assistenza;

g) programmi di trapianto di rene, cuore, fegato, polmoni e di midollo osseo, ivi comprese il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento e l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli accertamenti preventivi sui donatori. I criteri per la individuazione delle funzioni assistenziali e la remunerazione massima delle stesse sono stabiliti con apposito decreto del ministro della Sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, sulla base di standard organizzativi e di costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto, quando appropriato, del volume dell'attività svolta.

3. La remunerazione delle attività assistenziali diverse da quelle di cui al comma 2 è determinata in base a tariffe predefinite, limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fatta eccezione per le attività rientranti nelle funzioni di cui al precedente comma.

4. Il ministro della Sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, ai sensi dell'articolo 120, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito decreto individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unità di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità della assistenza. Lo stesso decreto stabilisce i criteri in base ai quali le Regioni, adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture stesse.

5. Il ministro della Sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, determina con apposito decreto, l'aggiornamento e la revisione del sistema di classificazione delle prestazioni e delle relative tariffe, nonché delle funzioni assistenziali di cui al comma 2. L'aggiornamento e la revisione delle tariffe sono effettuate periodicamente con cadenza almeno biennale, tenendo conto della definizione dei livelli essenziali di assistenza da assicurare e delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e organizzativa, nonché dell'andamento del costo dei principali fattori produttivi.

6. Il ministro della Sanità, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, disciplina le nuove modalità di erogazione e di remunerazione dell'assistenza protesica, compresa nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, anche prevedendo il ricorso all'assistenza in forma indiretta.

7. Il ministro della Sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, con apposito decreto, definisce i criteri e le procedure per la compensazione dell'assistenza prestata a cittadini in Regioni diverse da quelle di residenza. Nell'ambito di tali criteri, le Regioni possono stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle strutture e l'autosufficienza di ciascuna Regione, nonché l'impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza interregionale e nazionale.

 

 

Articolo 8-septies

Prestazioni erogate in forma indiretta

 

1. I rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle Regioni e dalle Province autonome in misura non superiore al cinquanta per cento delle corrispondenti tariffe regionali di cui al comma 4 dell'articolo 8-sexies. Entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto è abolita l'assistenza in forma indiretta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e in regime di degenza.

 

 

Articolo 8-octies

Controlli

 

1. La Regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese.

2. Per quanto riguarda le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, la definizione degli accordi entro i termini stabiliti dalla Regione e il rispetto dei programmi di attività previsti per ciascuna struttura rappresenta elemento di verifica per la conferma degli incarichi al direttore generale, ai direttori di dipartimento e del contratto previsto per i dirigenti di secondo livello, nonché per la corresponsione degli incentivi di risultato al personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende interessate.

3. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all'articolo 8-quinquies, i princìpi in base ai quali la Regione assicura la funzione di controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità della assistenza prestata dalle strutture interessate. Le Regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al precedente comma, entro sessanta giorni determinano:

a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni;

b) il debito informativo delle strutture accreditate interessate agli accordi e le modalità per la verifica della adeguatezza del loro sistema informativo;

c) l'organizzazione per la verifica del comportamento delle singole strutture;

d) i programmi per promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori addetti alla gestione della documentazione clinica e alle attività di controllo.

4. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 individua altresì i criteri per la verifica di:

a) validità della documentazione amministrativa attestante l'avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua rispondenza alle attività effettivamente svolte;

b) necessità clinica e appropriatezza delle prestazioni e dei ricoveri effettuati, con particolare riguardo ai ricoveri di pazienti indirizzati o trasferiti ad altre strutture;

c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione della assistenza;

d) risultati finali della assistenza, incluso il gradimento degli utilizzatori dei servizi.".

 

 

 

Articolo 9

 

 

Modificazioni all'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è sostituito dal seguente:

 

 

"Articolo 9

Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale

 

1. Al fine di favorire l'erogazione di forme di assistenza sanitaria integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente integrate, possono essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare l'erogazione di trattamenti e prestazioni eccedenti i livelli uniformi ed essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, definiti dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti attuativi.

2. La denominazione dei fondi di cui al presente articolo deve contenere l'indicazione "fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale". Tale denominazione non può essere utilizzata con riferimento a fondi istituiti per finalità diverse.

3. Tutti i soggetti pubblici e privati che istituiscono fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono tenuti al rispetto dell'obbligo di divieto di politiche di selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti:

a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali;

b) accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno provinciale;

c) regolamenti di Regioni, enti territoriali ed enti locali;

d) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da organizzazioni non lucrative di cui all'articolo 1, comma 15 operanti nei settori dell'assistenza socio-sanitaria o dell'assistenza sanitaria;

e) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da società di mutuo soccorso riconosciute;

f) atti assunti da soggetti pubblici e privati a condizione che contengano l'esplicita assunzione dell'obbligo di non adottare strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di discriminazione nei confronti di particolari categorie di soggetti.

4. L'ambito di applicazione dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è rappresentato da:

a) prestazioni aggiuntive, eccedenti i livelli uniformi ed essenziali di assistenza, erogate da strutture accreditate ai sensi dell'articolo 8-quater e in relazione a prestazioni per le quali sono stipulati appositi accordi ai sensi dell'articolo 8-quinquies, o a esse assimilabili;

b) prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dell'assistito, inclusi gli oneri per la fruizione di prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell'assistito di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 1996, n. 662;

c) prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria, erogate in strutture accreditate residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare, per la quota posta a carico dell'assistito.

5. Le specifiche forme di assistenza e le relative prestazioni assistenziali sono individuate con decreto del ministro della Sanità, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro novanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto. Con il medesimo decreto sono individuate le prestazioni di medicina non convenzionale a carico dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, ancorché non erogabili da strutture accreditate. In attesa della puntuale individuazione dei trattamenti e delle prestazioni comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, definiti dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti attuativi, rientrano nell'ambito di applicazione dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale, e l'assistenza odontoiatrica, con l'esclusione dei programmi di tutela della salute odontoiatrica nell'età evolutiva e dell'assistenza odontoiatrica e protesica a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità, individuate con il decreto di cui al comma 5.

6. I fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono autogestiti. Essi possono essere affidati in gestione mediante convenzione, da stipulare con istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sanitario o socio-sanitario da almeno cinque anni, secondo le modalità stabilite con decreto del ministro della Sanità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le Regioni, le Province autonome e gli enti locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla gestione dei fondi di cui al presente articolo.

7. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è emanato, su proposta del ministro della Sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento contenente le disposizioni relative all'ordinamento dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento disciplina:

a) le modalità di costituzione e di scioglimento;

b) la composizione degli organi di amministrazione e di controllo;

c) le forme e le modalità di contribuzione;

d) i soggetti destinatari dell'assistenza;

e) il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare;

f) le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale.

8. La vigilanza sull'attività dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è disciplinata dall'articolo 122 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Presso il ministero della Sanità, senza oneri a carico dello Stato, sono istituiti: l'anagrafe dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, alla quale debbono iscriversi sia i fondi vigilati dallo Stato che quelli sottoposti a vigilanza regionale; l'osservatorio dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, il cui funzionamento è disciplinato con il regolamento di cui al comma 7.

9. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia al momento dell'entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale dei fondi ivi previsti.".

 

 

 

Articolo 10

 

 

Modificazioni all'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è sostituito dal seguente:

 

 

"Articolo 9-bis

Sperimentazioni gestionali

 

1. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, autorizza programmi di sperimentazione aventi a oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.

2. Il programma di sperimentazione è proposto dalla Regione interessata, motivando le ragioni di convenienza, di miglioramento di qualità dell'assistenza ed evidenziando gli elementi di garanzia, con particolare riguardo ai seguenti criteri:

a) privilegiare nell'area del settore privato il coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale individuate dall'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

b) fissare limiti percentuali alla partecipazione di organismi privati in misura non superiore a un terzo;

c) prevedere forme idonee di limitazione alla facoltà di cessione della propria quota sociale nei confronti dei soggetti privati che partecipano alle sperimentazioni;

d) disciplinare le forme di risoluzione del rapporto contrattuale con privati che partecipano alla sperimentazione in caso di gravi inadempienze agli obblighi contrattuali o di accertate esposizioni debitorie nei confronti di terzi;

e) definire partitamente i compiti, le funzioni e i rispettivi obblighi di tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano alla sperimentazione gestionale, avendo cura di escludere in particolare il ricorso a forme contrattuali, di appalto o subappalto, nei confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione per la fornitura di opere e servizi;

f) individuare forme e modalità di pronta attuazione per la risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento degli organi societari in caso di mancato raggiungimento del risultato della avviata sperimentazione.

3. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, verifica annualmente i risultati conseguiti sia sul piano economico sia su quello della qualità dei servizi. Al termine del primo triennio di sperimentazione, sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e le Regioni adottano i provvedimenti conseguenti.

4. Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al precedente comma, è fatto divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute.".

 

 

Articolo 11

 

 

Modificazioni all'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. Dopo l'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunti i seguenti:

 

 

"Articolo 12-bis

Ricerca biomedica e sanitaria

 

1. La ricerca biomedica e sanitaria risponde al fabbisogno conoscitivo e operativo del Servizio sanitario nazionale e ai suoi obiettivi di salute, individuato con apposito programma di ricerca biomedica e sanitaria previsto dal Piano sanitario nazionale.

2. Il Piano sanitario nazionale definisce, con riferimento alle esigenze del Servizio sanitario nazionale e tenendo conto degli obiettivi definiti nel Programma nazionale per la ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno l998, n. 204, le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, alla cui coerente realizzazione contribuisce la comunità scientifica nazionale.

3. Il ministero della Sanità, sentita la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, elabora il programma di ricerca biomedica e sanitaria e propone iniziative da inserire nella programmazione della ricerca scientifica nazionale, di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e nei programmi di ricerca internazionali e comunitari. Il programma è adottato dal ministro della Sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, ha validità triennale ed è finanziato dalla quota di cui all'articolo 12, comma 2.

4. Il programma di ricerca biomedica e sanitaria:

a) seleziona gli obiettivi prioritari per il miglioramento dello stato di salute della popolazione ai fini della ricerca biomedica;

b) favorisce la sperimentazione di modalità di funzionamento, gestione e organizzazione dei servizi sanitari nonché di pratiche cliniche e assistenziali e individua gli strumenti di verifica del loro impatto sullo stato di salute della popolazione e degli utilizzatori dei servizi;

c) individua gli strumenti di valutazione dell'efficacia, dell'appropriatezza e della congruità economica delle procedure e degli interventi, anche in considerazione di analoghe sperimentazioni avviate da agenzie internazionali e con particolare riferimento agli interventi e alle procedure prive di una adeguata valutazione di efficacia;

d) favorisce la ricerca e la sperimentazione volte a migliorare la continuità assistenziale, con particolare riferimento alle prestazioni a elevata integrazione sanitaria;

e) favorisce la ricerca e la sperimentazione volta a migliorare la comunicazione con i cittadini e con gli utilizzatori dei servizi sanitari, a promuovere l'informazione corretta e sistematica degli utenti e la loro partecipazione al miglioramento dei servizi;

f) favorisce la ricerca e la sperimentazione degli interventi più appropriati per la attuazione delle linee-guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici, per l'autovalutazione della attività degli operatori e per la verifica e il monitoraggio dei risultati conseguiti.

5. Il programma di ricerca biomedica e sanitaria si articola nella attività di ricerca corrente e nella attività di ricerca finalizzata. La ricerca corrente è conforme agli indirizzi e alle metodologie generali del programma nazionale ed è attuata tramite i progetti istituzionali degli organismi di ricerca di cui al comma seguente, approvati dal ministro della Sanità. La ricerca finalizzata costituisce l'attuazione di specifici obiettivi prioritari, biomedici e sanitari, con riferimento al triennio di attuazione del Piano sanitario nazionale; i progetti di ricerca biomedica finalizzati sono approvati dal ministro della Sanità, di concerto con il ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica allo scopo di favorire il coordinamento delle ricerche medesime.

6. La ricerca corrente e finalizzata è svolta dalle Regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati, dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere le Università, il Consiglio nazionale delle ricerche e gli altri enti di ricerca pubblici e privati, sulla base di specifici accordi e convenzioni.

7. Per l'attuazione del programma il ministero della Sanità, anche su iniziativa degli organismi di ricerca nazionali, propone al ministero per l'Università e la ricerca scientifica e tecnologica e agli altri ministeri interessati i temi di ricerca biomedica e sanitaria di interesse comune, concordandone l'oggetto, le modalità di finanziamento e i criteri di valutazione dei risultati delle ricerche.

8. Il ministero della Sanità, nell'esercizio della funzione di vigilanza sull'attuazione del programma nazionale, si avvale della collaborazione tecnico-scientifica della Commissione nazionale per la ricerca sanitaria di cui al decreto ministeriale 5 giugno 1998, degli organismi tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale e delle Regioni, sulla base di metodologie di accreditamento qualitativo, anche al fine di garantire la qualità e la indipendenza del processo di valutazione e di selezione dei progetti di ricerca.

9. Le Regioni e le Province formulano proposte per la predisposizione del Programma nazionale, possono assumere la responsabilità della realizzazione di singoli progetti finalizzati, e assicurano il monitoraggio sulla applicazione dei conseguenti risultati nell'ambito del Servizio sanitario regionale.

 

 

Articolo 12-ter

Sperimentazioni cliniche

 

1. Nessun medicinale o dispositivo medico può essere sottoposto a sperimentazione clinica senza preventivo parere favorevole del comitato etico della struttura sanitaria nella quale si intende svolgere la sperimentazione, fatta in ogni caso salva l'autorizzazione dell'autorità sanitaria, ove prevista.

2. Il parere del comitato etico di cui al comma 1 concerne:

a) la sicurezza clinica, la qualità e la potenziale efficacia del medicinale e del dispositivo medico, sulla base dei dati clinici e scientifici presentati dal proponente la sperimentazione, in relazione alle indicazioni proposte;

b) la rispondenza del protocollo di sperimentazione alle linee-guida per la buona pratica clinica adottate dall'Unione europea e la capacità della struttura sanitaria di svolgere correttamente la sperimentazione, tenuto conto dell'organizzazione e delle dotazioni umane e strumentali della struttura medesima.

3. Il comitato etico, qualora ritenga che il medicinale debba essere considerato di nuova istituzione e, pertanto, essere sottoposto ad accertamenti di innocuità e di composizione ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 754, sospende l'adozione del parere di cui al comma 2; in tal caso, entro trenta giorni dalla ricezione della deliberazione del comitato etico, il proponente la sperimentazione può chiedere al ministero della Sanità che la questione venga esaminata dal comitato etico nazionale di cui al comma 6.

4. Con decreto del ministro della Sanità, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1998, n. 400, sono stabiliti:

a) i requisiti e le condizioni in base ai quali un medicinale deve considerarsi prodotto farmaceutico di nuova istituzione, ai fini degli accertamenti previsti dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 754;

b) le procedure da seguire per gli accertamenti previsti dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 754;

c) i casi in cui il proponente la sperimentazione clinica, prima di sottoporre il protocollo al comitato etico ai sensi del comma 1, è tenuto a presentare al ministero della Sanità istanza diretta a verificare se il medicinale da sottoporre a sperimentazione debba essere ritenuto di nuova istituzione;

d) i requisiti minimi della composizione e le modalità di funzionamento dei comitati etici di cui al comma 1.

5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono un registro dei Comitati etici operanti nei propri ambiti territoriali. Le Regioni e le Province autonome sono tenute a comunicare al ministero della Sanità i dati principali del registro, secondo le modalità previste con decreto adottato dal ministro della Sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

6. Presso il ministero della Sanità è istituito il Comitato etico nazionale per le sperimentazioni cliniche dei medicinali. Il Comitato:

a) esprime giudizio sulla notorietà del farmaco nelle ipotesi disciplinate dai commi 3 e 4, lettera c);

b) coordina le valutazioni etico-scientifiche di sperimentazioni multicentriche di rilevante interesse nazionale, relative a medicinali o a dispositivi medici, su specifica richiesta del ministro della Sanità;

c) esprime parere su ogni questione tecnico-scientifica ed etica concernente la materia della sperimentazione clinica dei medicinali e dei dispositivi medici che gli venga sottoposta dal ministro della Sanità.".

 

 

 

Articolo 12

 

 

Modificazioni all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 è sostituito dai seguenti:

 

 

"Articolo 15

Disciplina della dirigenza sanitaria

 

1. La dirigenza sanitaria è articolata in due livelli.

2. I dirigenti di primo livello svolgono le attività e le prestazioni inerenti la propria competenza professionale, con ambiti propri di autonomia operativa e responsabilità professionale e nel rispetto della collaborazione multiprofessionale. I dirigenti ai quali sia attribuita la responsabilità di una struttura, non riservata alla responsabilità di un dirigente di secondo livello, esercitano altresì le funzioni di cui all'articolo 15-ter.

3. Ai dirigenti del secondo livello sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio. Spettano al dirigente medico appartenente al secondo livello dirigenziale gli indirizzi e, in caso di necessità e urgenza, le decisioni sulle scelte da adottare per attività e interventi con finalità preventive, diagnostiche o riabilitative.

4. Al primo livello della dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483. Il secondo livello della dirigenza sanitaria è conferito quale incarico a coloro che siano in possesso dei requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, e secondo le modalità dallo stesso previste.

5. L'attestato di formazione manageriale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, come modificato dall'articolo 17, deve essere conseguito dai dirigenti sanitari di secondo livello dirigenziale, a pena di decadenza, entro un anno dall'inizio dell'incarico; il mancato superamento del corso determina la decadenza dall'incarico. I dirigenti sanitari di secondo livello dirigenziale con incarico quinquennale già in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto sono tenuti a partecipare al primo corso di formazione manageriale programmato dalla Regione.

 

 

Articolo 15-bis

Funzioni dei dirigenti responsabili di struttura

 

1. L'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis disciplina l'attribuzione al direttore amministrativo, al direttore sanitario, al direttore socio-sanitario nonché ai direttori di dipartimento e ai dirigenti responsabili di struttura, dei compiti, comprese le decisioni che impegnano l'azienda verso l'esterno, per l'attuazione degli obiettivi definiti nel piano programmatico aziendale e nel budget generale d'azienda.

2. La direzione delle strutture e degli uffici è affidata ai dirigenti secondo i criteri e le modalità stabiliti nell'atto di cui al comma 1. Il rapporto di lavoro dei dirigenti è esclusivo, fatto salvo quanto previsto in via transitoria per la dirigenza sanitaria dall'articolo 15-sexies. Sono soppressi i rapporti di lavoro a tempo definito o comunque parziale nonché eventuali diversi rapporti di lavoro derivanti da precedenti ordinamenti. I contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano le modalità di regolarizzazione dei rapporti soppressi entro un biennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto, provvedendo all'inquadramento del personale interessato in posti in organico già finanziati a tempo pieno.

 

 

Articolo 15-ter

Incarichi di direzione di struttura e funzioni di natura professionale

 

1. Gli incarichi di direzione di struttura, fatte salve le disposizioni concernenti gli incarichi di secondo livello dirigenziale, sono conferiti a tempo determinato, nei limiti del numero di strutture esistenti, con provvedimento motivato del direttore generale, secondo le modalità stabilite dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis. Ai predetti incarichi non si applica l'articolo 2103, comma primo, del codice civile in relazione all'equivalenza delle mansioni.

2. Gli incarichi hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque, con facoltà di rinnovo. Gli incarichi sono revocati, secondo le procedure previste dalle disposizioni di legge vigenti e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, in caso di: inosservanza delle direttive impartite dalla direzione generale e dalla direzione del dipartimento; mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro.

3. I dirigenti ai quali non sia stata affidata la direzione di strutture svolgono funzioni di natura professionale, anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché funzioni ispettive, di verifica e controllo.

 

 

Articolo 15-quater

Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario

 

1. I dirigenti sanitari di primo livello dirigenziale, a tempo indeterminato e a tempo determinato, nonché i dirigenti sanitari di secondo livello dirigenziale, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo.

2. I dirigenti sanitari, già in servizio alla data del 31 dicembre 1998, passano, a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo. L'azienda, in conformità con le direttive regionali e i contratti collettivi di lavoro, individua le aree e le funzioni da incentivare con specifici istituti anche economici, per il passaggio al rapporto di lavoro esclusivo e definisce le relative decorrenze.

3. Il dirigente sanitario con rapporto di lavoro esclusivo non può chiedere il passaggio al rapporto di lavoro non esclusivo.

4. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono lo specifico trattamento economico da attribuire ai dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo nonché le modalità applicative per l'attribuzione del trattamento economico aggiuntivo di cui all'articolo 1, comma 12, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

 

Articolo 15-quinquies

Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari

 

1. Il rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle funzioni dirigenziali attribuite dall'azienda, nell'ambito della posizione ricoperta e della competenza professionale e disciplina posseduta, con impegno orario, non inferiore all'orario minimo contrattualmente definito, commisurato alla realizzazione degli obiettivi attribuiti.

2. Il rapporto di lavoro esclusivo comporta inoltre:

a) il diritto all'esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell'impegno di servizio, nell'ambito delle strutture aziendali con le modalità e i limiti stabiliti dall'atto di organizzazione aziendale e dai contratti collettivi di lavoro;

b) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta, in équipe, al di fuori dell'impegno di servizio, all'interno delle strutture aziendali ovvero, previa convenzione, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata;

c) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all'azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell'impegno di servizio e consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall'azienda stessa, sentite le équipe dei servizi interessati.

Le modalità di svolgimento delle attività di cui alle lettere a), b) e c) e i criteri per l'attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi di lavoro.

3. Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e per ridurre progressivamente le liste di attesa, l'attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, una produttività superiore a quella assicurata per i compiti istituzionali nonché un impegno orario superiore al cinquanta per cento di quello di servizio richiesto dall'azienda per i compiti istituzionali. A tal fine devono essere fissati, per i singoli dirigenti e per le équipe, i volumi di attività istituzionale che devono essere comunque assicurati in relazione ai volumi di attività libero professionale, prevedendo appositi organismi di verifica. Il direttore generale, ove accerti la violazione delle disposizioni di cui al presente comma, dispone la sospensione dall'attività libero professionale del dirigente o dell'équipe interessata per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi ovvero la restituzione dei proventi percepiti per l'attività libero professionale svolta per un periodo di tempo non inferiore a un mese.

4. Nello svolgimento delle attività di cui al comma 2, lettera a), non è consentito l'uso del ricettario del Servizio sanitario nazionale. In tutti i casi in cui si utilizza un ricettario diverso da quello del Servizio sanitario nazionale, il dirigente medico è tenuto a specificare sulla ricetta quali delle prestazioni e dei farmaci prescritti potrebbero, nel rispetto delle procedure vigenti, essere erogati con onere a carico del Servizio sanitario nazionale. Le disposizioni del precedente periodo si applicano anche ai dirigenti in servizio con rapporto di lavoro non esclusivo.

5. Gli incarichi di direzione di struttura implicano il rapporto di lavoro esclusivo o l'opzione per l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria. Per struttura, ai fini del presente decreto, si intende l'articolazione organizzativa alla quale è attribuita, dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie.

6. I dirigenti sanitari appartenenti a posizioni funzionali apicali alla data del 31 dicembre 1998, che non abbiano optato per il rapporto quinquennale ai sensi dell'articolo 15, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, conservano l'incarico di direzione della struttura alla quale erano preposti alla predetta data del 31 dicembre 1998. Essi sono sottoposti a verifica entro il 31 dicembre 1999. In caso di verifica non positiva, al dirigente sanitario interessato è conferito un incarico professionale non comportante direzione di struttura in conformità con le previsioni del contratto collettivo di lavoro. Contestualmente viene reso indisponibile un posto di organico del primo livello dirigenziale.

7. Il rapporto di lavoro esclusivo costituisce titolo di precedenza per l'accesso agli incarichi quinquennali di secondo livello dirigenziale e per gli altri incarichi dirigenziali di struttura nonché per gli incarichi didattici e di ricerca e per i comandi e i corsi di aggiornamento tecnico-scientifico e professionale.

8. Nelle strutture il cui dirigente responsabile abbia optato per l'esercizio della libera professione extramuraria i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo o che abbiano optato per l'esercizio della libera professione intramuraria individuano un coordinatore delle attività di cui al comma 2, con il compito di assicurarne l'organizzazione e di concordarne le modalità attuative con l'azienda, la direzione del presidio ospedaliero, del distretto o del dipartimento e il responsabile dell'unità operativa.

9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 1 luglio 1980, n. 382, con le specificazioni che saranno previste in relazione ai modelli gestionali e funzionali di cui all'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, dalle disposizioni di attuazione della delega stessa.

 

 

Articolo 15-sexies

Caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari che svolgono attività libero professionale extramuraria

 

1. Il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari in servizio al 31 dicembre 1998 che, ai sensi dell'articolo 1, comma 10, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, abbiano comunicato al direttore generale l'opzione per l'esercizio della libera professione extramuraria e che non intendano revocare detta opzione, comporta la totale disponibilità nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare, nonché le sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate.

 

 

Articolo 15-septies

Contratti a tempo determinato

 

1. I direttori generali possono conferire incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del 2 per cento della dotazione organica della dirigenza, a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro. I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo.

2. Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, a esclusione della dirigenza medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, a esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.

3. Il trattamento economico è determinato sulla base dei criteri stabiliti nei contratti collettivi della dirigenza del Servizio sanitario nazionale.

4. Per il periodo di durata del contratto di cui al comma 1 i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni con riconoscimento dell'anzianità di servizio.

5. Gli incarichi di cui al presente articolo, conferiti sulla base di direttive regionali, comportano l'obbligo per l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di organico della dirigenza per i corrispondenti oneri finanziari.

 

 

Articolo 15-octies

Contratti per l 'attuazione di progetti finalizzati

 

1. Per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività ordinaria, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse di cui all'articolo1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal fine disponibili assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, ove prevista.

 

 

Articolo 15-nonies

Limite massimo di età per il personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti convenzionali

 

1. Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i dirigenti medici di secondo livello ai quali è conferito incarico quinquennale, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva l'applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503. È abrogata la legge 19 febbraio 1991, n. 50.

2. Il personale universitario di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 cessa, al raggiungimento del limite massimo di età di sessantasette anni, dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali di cui all'articolo 6, comma 1, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali. I protocolli di intesa tra le Regioni e le Università e gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le Università e le aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 6, comma 1, prevedono l'utilizzazione del suddetto personale universitario per attività di consulenza e per prestazioni assistenziali che richiedano maturata esperienza ed elevata professionalità.

3. Le disposizioni di cui al precedente comma 1 si applicano anche nei confronti del personale a rapporto convenzionale di cui all'articolo 8.

4. Restano confermati gli obblighi contributivi dovuti per l'attività svolta dai medici e dagli altri professionisti accreditati ai sensi dell'articolo 8.

5. Al personale medico di cui al presente articolo che, in base alle vigenti disposizioni di legge, abbia diritto a rimanere in servizio oltre il limite di sessantasette anni di età, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano decorso un biennio dall'entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Articolo 15-decies

Obbligo di appropriatezza

 

1. I medici ospedalieri e delle altre strutture di ricovero e cura del Servizio sanitario nazionale, pubbliche o accreditate, quando prescrivono o consigliano medicinali o accertamenti diagnostici a pazienti all'atto della dimissione o in occasione di visite ambulatoriali, sono tenuti a specificare i farmaci e le prestazioni erogabili con onere a carico del Servizio sanitario nazionale. Il predetto obbligo si estende anche ai medici specialisti che abbiano comunque titolo per prescrivere medicinali e accertamenti diagnostici a carico del Servizio sanitario nazionale.

2. In ogni caso, si applicano anche ai sanitari di cui al comma 1 il divieto di impiego del ricettario del Servizio sanitario nazionale per la prescrizione di medicinali non rimborsabili dal Servizio, nonché le disposizioni che vietano al medico di prescrivere, a carico del Servizio medesimo, medicinali senza osservare le condizioni e le limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco e prevedono conseguenze in caso di infrazione.

3. Le attività delle unità sanitarie locali previste dall'articolo 32, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono svolte anche nei confronti dei sanitari di cui al comma 1.

 

 

Articolo 15-undecies

Mobilità del personale

 

1. L'equiparazione di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, si applica anche ai trasferimenti verso le strutture pubbliche del personale degli istituti ed enti ecclesiastici di cui all'articolo 4, comma 12, e ai trasferimenti del personale delle strutture pubbliche verso gli istituti ed enti ecclesiastici predetti. La presente disposizione si applica anche agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato che abbiano adeguato i propri ordinamenti del personale alle disposizioni del presente decreto.".

 

 

 

Articolo 13

 

 

Integrazioni all'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono inseriti i seguenti:

 

 

"Articolo 16-bis

Formazione continua

 

1. Ai sensi del presente decreto per formazione continua si intende l'aggiornamento, come attività successiva al corso di diploma, di laurea, di specializzazione, di formazione complementare, di formazione specifica in medicina generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita lavorativa le conoscenze e il comportamento professionale, la formazione permanente, come attività finalizzata a migliorare le competenze tecniche e manageriali degli operatori sanitari al processo scientifico e tecnologico, in funzione della garanzia di efficacia, appropriatezza, sicurezza, efficienza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale.

2. La formazione di cui al comma 1 deve essere costituita, per almeno il settanta per cento, da attività di qualificazione specifiche per i diversi profili professionali, che prevedano la partecipazione a corsi, convegni, seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del presente decreto, nonché in soggiorni di studio o con la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo finalizzati agli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale.

 

 

Articolo 16-ter

Commissione nazionale e commissioni regionali per la formazione continua

 

1. Con decreto del ministro della Sanità, da emanare entro novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, sentite le Federazioni professionali interessate, è nominata una Commissione nazionale per la formazione continua, da rinnovarsi ogni cinque anni, composta da nove membri, di cui tre, fra i quali il presidente, designati dal ministro della Sanità, due designati dal ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, due dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e due dalla Federazione nazionale dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente che lo sostituisce in caso di assenza o impedimento.

2. La Commissione di cui al comma 1 definisce ogni cinque anni, sentita la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e le Federazioni professionali interessate, gli obiettivi formativi di interesse nazionale, con particolare riferimento alle priorità individuate dal Piano sanitario nazionale. La Commissione procede, altresì, all'accreditamento delle strutture, diverse dall'Istituto superiore di sanità e dalle Università, ai fini della organizzazione e dell'erogazione della formazione continua, all'approvazione dei progetti di formazione di rilievo nazionale, presentati dall'Istituto superiore di sanità, dalle Università e dagli enti accreditati nonché alla definizione di un sistema di riconoscimento dei crediti di cui all'articolo 16-quater per ogni attività formativa, di rilievo nazionale e regionale, stabilendo i criteri e le modalità di valutazione, in itinere ed ex post, delle attività formative dei progetti approvati.

3. Le Regioni provvedono alla istituzione e alla nomina di una Commissione regionale per la formazione continua con il compito di concorrere all'elaborazione degli obiettivi formativi di interesse nazionale di cui al comma 2, degli obiettivi formativi di specifico interesse regionale e di approvare i progetti di formazione di rilievo regionale, presentati dagli enti accreditati con l'attribuzione dei relativi crediti, secondo i criteri stabiliti dal successivo articolo 16-quater.

 

 

Articolo 16 quater

Incentivi

 

1. La partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale, in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle Università, delle unità sanitarie locali e delle strutture sanitarie private.

2. I contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente e convenzionato individuano specifici elementi di penalizzazione, anche di natura economica, per il personale che nel triennio non ha conseguito il minimo di crediti formativi stabilito dalla Commissione nazionale.

3. Per le strutture sanitarie private l'adempimento, da parte del personale sanitario dipendente o convenzionato che opera nella struttura, dell'obbligo di partecipazione alla formazione continua e il conseguimento dei crediti nel triennio costituiscono requisito essenziale per ottenere e mantenere l'accreditamento da parte del Servizio sanitario nazionale.

 

 

Articolo 16-quinquies

Formazione manageriale

 

1. La formazione di cui al presente articolo è requisito necessario per lo svolgimento degli incarichi relativi alle funzioni di direzione sanitaria aziendale e per l'esercizio delle funzioni dirigenziali di secondo livello per le categorie dei medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi. In sede di prima applicazione, tale formazione si consegue, dopo l'assunzione dell'incarico, con la frequenza e il superamento dei corsi di cui al comma 2.

2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, previo accordo con il ministero della Sanità ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, organizzano e attivano, a livello regionale o interregionale, avvalendosi anche, ove necessario, di soggetti pubblici e privati accreditati dalla Commissione di cui all'articolo 16-ter, i corsi per la formazione di cui al comma 1, tenendo anche conto delle discipline di appartenenza. Lo stesso accordo definisce i criteri in base ai quali l'Istituto superiore di sanità attiva e organizza i corsi per i direttori sanitari aziendali e i dirigenti di secondo livello dell'area di sanità pubblica che vengono attivati a livello nazionale.

3. Con decreto del ministro della Sanità, su proposta della commissione di cui all'articolo 16-ter, sono definiti i criteri per l'attivazione dei corsi di cui al comma 2, con particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ai criteri di finanziamento e ai bilanci, alla gestione delle risorse umane e all'organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni, alla metodologia delle attività didattiche, alla durata dei corsi stessi, nonché alle modalità con cui valutare i risultati ottenuti dai partecipanti.

4. Gli oneri connessi ai corsi sono a carico del personale interessato.

5. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano al personale dirigente del ruolo sanitario delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all'articolo 4, degli istituti zooprofilattici sperimentali. Le disposizioni si applicano, altresì, al personale degli enti e strutture pubbliche indicate all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, al quale sia stata estesa la disciplina sugli incarichi di secondo livello dirigenziale di cui al presente decreto.

 

 

Articolo 16-sexies

Strutture del Servizio sanitario nazionale per la formazione

 

1. Il ministro della Sanità, su proposta per la Regione o Provincia autonoma interessata, individua i presidi ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti di idoneità stabiliti dalla Commissione di cui all'articolo 16-ter, ai quali riconoscere funzioni di insegnamento ai fini della formazione e dell'aggiornamento del personale sanitario.

2. La Regione assegna, in via prevalente o esclusiva, a detti ospedali, distretti e dipartimenti, le attività formative di competenza regionale e attribuisce agli stessi la funzione di coordinamento delle attività delle strutture del Servizio sanitario nazionale che collaborano con l'Università al fine della formazione degli specializzandi e del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione.".

 

 

 

Articolo 14

 

 

Modificazioni all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. L'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è sostituito dai seguenti:

 

 

"Articolo 17

Consiglio sanitario aziendale

 

1. Il Consiglio sanitario aziendale è organismo di consulenza tecnica della direzione generale in materia di programmazione e di valutazione delle attività tecnico-sanitarie e assistenziali dell'azienda sotto il profilo dell'innovazione e dello sviluppo aziendale, dell'appropriatezza nell'utilizzazione delle risorse e della congruità dei risultati conseguiti. Il Consiglio, presieduto dal direttore generale o, per sua delega, dal direttore sanitario, è costituito con provvedimento del direttore generale sulla base delle direttive regionali, che devono assicurare comunque la presenza dei direttori di dipartimento e dei direttori di distretto.

2. Il Consiglio sanitario aziendale trasmette trimestralmente al collegio sindacale elementi e notizie utili alla verifica del buon andamento delle attività tecnico-sanitarie e assistenziali dell'azienda.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano salva diversa determinazione regionale.

 

 

Articolo 17-bis

Collegio di direzione strategica

 

1. In ogni azienda è costituito il Collegio di direzione strategica, con compiti di consulenza e proposta nei confronti del direttore generale per la definizione dei piani di attività, dello sviluppo strategico dei servizi, delle priorità, dei piani di formazione, delle soluzioni organizzative per attuare l'attività libero-professionale intramuraria e dei rapporti con le altre aziende e le comunità locali.

2. Il Collegio di direzione strategica è presieduto dal direttore generale ed è composto dal direttore amministrativo, dal direttore sanitario, dal direttore socio-sanitario, dai direttori di distretto e dai direttori di dipartimento.

3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano salva diversa determinazione regionale.

 

 

Articolo 17-ter

Dipartimenti

 

1. La legge regionale disciplina l'organizzazione dipartimentale come modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività dell'azienda, prevedendo che il direttore del dipartimento sia nominato dal direttore generale fra i dirigenti di secondo livello delle unità operative aggregate nel dipartimento, sentito il Comitato di dipartimento. Il Comitato di dipartimento è composto dai dirigenti di secondo livello responsabili delle unità operative del dipartimento e da una rappresentanza dei dirigenti di I livello e del restante personale del dipartimento.

2. La preposizione ai dipartimenti strutturali, sia ospedalieri che territoriali e di prevenzione, comporta l'attribuzione sia di responsabilità professionali in materia clinico-organizzativa e della prevenzione sia di responsabilità di tipo gestionale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione delle risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il dirigente responsabile del dipartimento predispone annualmente il piano delle attività delle risorse disponibili. La programmazione delle attività dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di monitoraggio e di verifica sono assicurate con la partecipazione attiva degli altri dirigenti e degli operatori assegnati al dipartimento.

 

 

Articolo 17-quater

Dirigenza infermieristica

 

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituita la dirigenza infermieristica, alla quale si accede con specifico titolo universitario ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni e integrazioni, in conformità ai criteri stabiliti con decreto del ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica di sentito il ministro della Sanità. Tale decreto determina altresì i titoli per l'accesso.

2. Fino allo svolgimento dei primi corsi di laurea, in ogni azienda è individuato il dirigente aziendale dell'assistenza infermieristica. L'incarico, che ha durata triennale, è conferito dal direttore generale a un infermiere, mediante idonea procedura selettiva tra candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale previamente determinati.

3. In ogni dipartimento è individuato un responsabile dipartimentale con qualifica non dirigenziale dell'assistenza infermieristica. Qualora i dipartimenti siano composti da unità operative diverse da quelle di diagnosi e cura la responsabilità del personale tecnico o della riabilitazione è affidata ad un operatore professionale, con qualifica non dirigenziale, appartenente a tale personale.

4. Il dirigente aziendale dell'assistenza infermieristica:

a) propone i piani annuali di intervento, gli obiettivi prioritari e gli indicatori di qualità per l'assistenza infermieristica e per la umanizzazione della stessa;

b) definisce i piani di formazione complementare e continua;

c) promuove le verifiche periodiche della qualità dell'assistenza infermieristica secondo gli standard e gli indicatori stabiliti d'intesa con il direttore del dipartimento.

 

 

Articolo 15

 

 

Modificazioni all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

 

 

1. Dopo l'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunti i seguenti:

 

 

"Articolo 19-bis

Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari

 

1. È istituita, presso l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari. Con regolamento adottato su proposta del ministro della Sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione. Ne fanno parte trenta esperti di chiara fama e comprovata esperienza nei settori della organizzazione, gestione e valutazione dei servizi sanitari, della ricerca sanitaria e della bioetica, inclusi, quali componenti di diritto, il direttore dell'Istituto superiore di sanità, il direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, il direttore dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e due direttori generali del ministero della Sanità designati dal ministro della Sanità. Tre esperti sono designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno dalle organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative, uno dalla associazione maggiormente rappresentativa dei datori di lavoro, tre dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, due dalle organizzazioni maggiormente rappresentative della spedalità e della assistenza ambulatoriale privata, uno dal ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, uno dal ministro per la Solidarietà sociale, uno dal ministro dell'Industria, due dalle associazioni dei cittadini utenti. Il presidente e i rimanenti membri sono nominati dal ministro della Sanità.

2. La Commissione, in coerenza con gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale relativamente al programma nazionale della qualità, svolge i seguenti compiti, avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali:

a) accredita gli organismi che intendono svolgere attività inerenti all'accreditamento dei servizi sanitari e di elaborazione di linee-guida cliniche e organizzative;

b) valuta la attuazione del modello di accreditamento per le strutture pubbliche e per le strutture private;

c) definisce modelli di partecipazione degli operatori, dei cittadini e degli utenti alle attività di valutazione dei servizi;

d) indica le aree assistenziali prioritarie per l'elaborazione di linee-guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici, e certifica le metodologie per la loro elaborazione;

e) esamina i risultati dell'attività di monitoraggio di cui al comma 3;

f) trasmette semestralmente al ministro della Sanità e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome una relazione sull'attività svolta.

3. Le Regioni individuano le modalità e gli strumenti per l'avvio dei programmi del monitoraggio della pratica clinica e per la verifica della attuazione del modello di accreditamento, trasmettendo annualmente alla Commissione nazionale i risultati della attività di monitoraggio condotta sullo stato di attuazione delle procedure di accreditamento.

 

 

Articolo 19-ter

Interventi a garanzia della funzionalità e dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale

 

1. Le Regioni, attraverso il sistema informativo regionale, rilevano i dati relativi alle misure e agli indicatori qualitativi e quantitativi previsti dal Piano regionale in attuazione del Piano sanitario nazionale per la verifica dei livelli di assistenza effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti e ai relativi livelli di spesa. Esse acquisiscono i dati sui costi, rendimenti e risultati della gestione economica delle unità sanitarie locali e aziende ospedaliere. I dati sono raccolti sulla base di linee-guida, per il monitoraggio e l'integrazione dei flussi informativi, predisposte dal ministro della Sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Il ministro della Sanità definisce, su proposta dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, gli standard dei costi e della qualità delle prestazioni, sulla base dei dati elaborati dal sistema informativo sanitario con riferimento ai livelli di assistenza sanitaria, alle articolazioni per aree di offerta e ai parametri per la valutazione dell'efficienza, dell'economicità e della funzionalità della gestione dei servizi sanitari anche comparati a livello comunitario, segnalando alle Regioni le situazioni di assistenza che presentano significativi scostamenti rispetto alla media.

3. L'Agenzia per i servizi sanitari regionali procede a una ricognizione delle cause degli scostamenti, proponendo alle Regioni le azioni di intervento necessarie per il loro superamento. Le Regioni si avvalgono del supporto tecnico dell'Agenzia per la definizione delle misure da adottare e per la definizione di programmi operativi di riorganizzazione e di riqualificazione, di durata non superiore al triennio, per il recupero della efficienza ed efficacia dei servizi.

4. Il ministro della Sanità, sulla base delle valutazioni trasmesse dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali sui programmi operativi adottati dalle Regioni e disponendo il permanere di adeguate forme di monitoraggio, stabilisce le misure di sostegno a carico della quota parte del Fondo sanitario nazionale destinata al perseguimento degli obiettivi di Piano, secondo modalità d'impiego definite d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

5. L'erogazione dei finanziamenti per l'attuazione dei programmi operativi è effettuata per stati di avanzamento. L'Agenzia accerta l'effettivo raggiungimento degli obiettivi intermedi stabiliti per ogni stato di avanzamento e gli eventuali ritardi attraverso una convenzione tra Regione e ministero della Sanità, redatta sulla base di uno schema tipo approvato dal ministro della Sanità d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale schema prevede la nomina di un responsabile del progetto, forme di penalizzazione e di graduale e progressiva riduzione dei finanziamenti per le Regioni le cui amministrazioni sanitarie non rispettino gli impegni convenzionalmente assunti per il raggiungimento degli obiettivi previsti nei programmi operativi per il recupero dell'efficienza, dell'economicità e della funzionalità nella gestione dei servizi sanitari.

 

 

Articolo 19-quater

Organi tecnico-scientifici

 

Nell'ambito delle competenze previste dal riordino del ministero della Sanità, ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, i compiti e le funzioni tecnico-scientifiche e di coordinamento tecnico sono attribuiti all'Istituto superiore di sanità e all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, quali organi tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sottoposti alla diretta vigilanza del ministro della Sanità e dei quali il ministero della Sanità si avvale nell'esercizio delle attribuzioni conferitegli dalla normativa vigente.".

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PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
OLTRE IL CAPITALISMO
Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

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