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Gelmini

È arrivata l’ennesima “antiriforma” nel mondo dei saperi: con la supervisione/diktat di Tremonti, il Ministro Gelmini presenta l’ennesimo scempio dell’Università in cui domina su qualsiasi altra considerazione il concetto di risparmio. In altri termini, i tagli.

Il provvedimento approvato alla fine di luglio aggrava quella che ormai è una vera e propria emergenza sociale, cioè quella del precariato: in particolare, i ricercatori sono nuovamente le vittime di questa “riforma” che toglie a due terzi degli attuali la speranza di essere assunti come associati, mentre introduce limiti di tre anni, estendibili fino a cinque, per i prossimi contratti.

Solo “i meritevoli” potranno essere assunti a tempo indeterminato come associati, altrimenti si chiuderà il rapporto con l’università e potranno utilizzare i titoli in altri concorsi pubblici.

In questo modo la precarizzazione diviene strutturale e solamente una parte minima di ricercatori potrà aspirare a intraprendere una carriera universitaria, mentre gli altri andranno ad ingrossare le fila del lavoro atipico ormai dilagante in Italia. Inoltre, i miglioramenti stipendiali saranno legati ad una valutazione dell’Agenzia Nazionale per la Valutazione della Ricerca (ANVUR) che deciderà ogni tre anni se il lavoro svolto dal ricercatore è adeguato oppure no, e gli eventuali fondi non elargiti andranno ad ingrossare le risorse per gli aumenti dei docenti più meritevoli. Una logica meritocratica di cui, nell’attuale stato delle università italiane, non si sentiva proprio la necessità.

Nel frattempo, l’età pensionabile per i docenti ordinari sarà di 70 anni, mentre per gli associati di 68: nessuna speranza neppure per un ricambio in tempi brevi del corpo docente.

Il provvedimento legislativo, come tutti quelli varati in questi anni, ha in realtà una logica puramente economica: le risorse tagliate complessivamente saranno di circa un miliardo e mezzo, di cui circa 800 milioni solo con questo provvedimento, con la conseguenza che ad essere colpiti saranno gli atenei più piccoli (che saranno accorpati a quelli maggiori, per un massimo di dodici in tutto il territorio nazionale), i corsi di laurea meno numerosi (che non significa meno significativi ed importanti), e gli atenei che non riusciranno a mantenere bilanci “virtuosi” (cioè senza sprechi quindi senza investimenti nella ricerca). Oltretutto quelli che usufruiranno per oltre il 90% dei fondi statali non potranno bandire nuovi concorsi in vista di assunzione di nuovo personale: un cane che si rincorre la coda.

Cambia anche la governance degli atenei, da una parte il senato accademico che si occuperà di programmazione della didattica e della ricerca, dall’altra un consiglio di Amministrazione aperto a soggetti privati e dove, tolto il Rettore e la componente studentesca che ne fanno parte di diritto, sparisce la presenza e il ruolo avuto fino ad ora del personale tecnico e amministrativo.

L’accorpamento degli atenei, la prevista possibilità di creare fondazioni e/o consorzi universitari, aprirà la strada a nuove esternalizzazioni dei servizi e con essi del personale tecnico e amministrativo che vi opera, non solo non verrà stabilizzato il personale precario, ma anche quello di ruolo, verrà privatizzato.

Il giudizio che i Cobas danno di questa riforma è estremamente critico.

In sintesi possiamo individuare alcuni punti di forte negatività, che peseranno fortemente sugli atenei nei prossimi anni:

- precarizzazione dei ricercatori: l’assunzione avverrà solo per un terzo dei ricercatori attuali e in futuro i contratti saranno solamente di tre/cinque anni e poi, per chi non viene assunto, si chiuderà la possibilità di proseguire nella carriera universitaria;

- meritocrazia forzata: si inseriscono criteri fortemente meritocratici anche per quanto riguarda i livelli di stipendio;

- accorpamento degli atenei più piccoli a quelli maggiori, fino ad un massimo di dodici: diminuisce quindi l’offerta di formazione culturale sul nostro territorio nazionale;

- eliminazione dei corsi meno frequentati: impoverimento delle specificità disciplinari e di ricerca;

- Creazione di fondazioni e/o consorzi aperti al privato, con privatizzazione dei servizi e del personale tecnico e amministrativo;

- condizionamento della didattica Consigli di amministrazione aperti a soggetti privati, con rischio di e della ricerca.

È necessario che il nuovo Rettore mantenga la prospettiva di assunzione a tempo indeterminato per gli 85 ricercatori previsti dalla manovra del Senato accademico, senza subire il ricatto del Ministro e al contempo proceda con la stabilizzazione di tutto il personale tecnico e amministrativo.

Occorre far sentire forte la voce dei precari dell’università, ma anche dei docenti e degli studenti: occorre che un nuovo movimento rialzi la testa per contrastare la incultura dell’ignoranza che il Ministro Gelmini sta diffondendo nei nostri atenei.

Il primo appuntamento utile è il prossimo consiglio di amministrazione previsto a fine Settembre, un’occasione per portare la protesta dei precari, degli studenti, delle lavoratrici e dei lavoratori che non accettano la svendita salariale e la distruzione dell’Università pubblica

CONFEDERAZIONE COBAS – COBAS UNIVERSITA’ PISA

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