La sentenza beffa della Consulta sui contratti pubblici.
Sebbene la sentenza della Consulta sancisca l’incostituzionalità del blocco della contrattazione, costringendo il governo a riaprire la stagione dei rinnovi dei CC.NN.LL. per oltre 3 milioni di lavoratori/trici della P.A., contiene in sé un elemento regressivo in quanto annulla ogni pretesa per le perdite già maturate nel corso degli anni in cui le norme (ora dichiarate) illegittime hanno operato. Ciò significa una perdita secca di circa 6.000 euro in media a lavoratore, per l’effetto combinato del blocco, a partire da dicembre 2009, degli aumenti stipendiali, delle progressioni economiche e di carriera e dei fondi del salario accessorio.
In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza - che forniranno le risposte per comprendere quali margini esistono per ristabilire un minimo equilibrio tra gli interessi di Stato tutelati nel giudizio e quelli dei soggetti sociali danneggiati dalle leggi incostituzionali - possiamo solo abbozzare degli scenari individuando i punti più critici da affrontare alla ripresa delle trattative:
- essendo scaduti gli accordi che avevano come parametro prima l'inflazione interna e poi l'IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato), per quantificare gli aumenti occorrerà trovare un nuovo parametro di indicizzazione salariale;
- stessa incertezza per la durata dei contratti nazionali, per i quali bisognerà decidere se saranno triennali o quadriennali (il Governo vuole allungare i tempi per diluire in più' rate gli eventuali aumenti);
- è inoltre ancora aperta la questione dei comparti contrattuali, da ridurre attraverso accorpamenti di settori, come peraltro già stabilito dalla legge Brunetta.
Le campagne e le iniziative già annunciate dai sindacati confederali appaiono deboli e prive di prospettive, anche perché seguono al silenzio manifestato nei confronti dell’ ennesima controriforma della Pubblica Amministrazione che taglierà servizi e posti di lavoro e obbligherà alla mobilità migliaia di dipendenti (vedi lavoratori delle Province), senza portare nessun beneficio ai cittadini e ai lavoratori pubblici.
Di fronte al rischio di un’ennesima resa incondizionata, è necessario avviare subito una mobilitazione di massa dei dipendenti pubblici, che costringa il governo Renzi ad aprire immediatamente le contrattazioni in tutti i comparti, ponendo come obiettivo minimo la difesa dei diritti esistenti e un recupero salariale che sia consistente, senza altre elemosine da dilazionare nel tempo.