IL RITORNO DI BRUNETTA

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                                                                                                                           Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

                                                                                                                                                                                                                     A tutti i lavoratori 

Alla Stampa

Oggetto: nomina Brunetta Ministro PA.

La nomina di Renato Brunetta rappresenta un pessimo segnale politico. Solamente chi non conosce o preferisce ignorare lo stato in cui versa la pubblica amministrazione potrebbe avallare una scelta così esiziale, soprattutto se si considera il fatto che la revisione della macchina pubblica è una delle precondizioni per ottenere i miliardi del Recovery Plan.

Brunetta, 10 anni dopo la sua disastrosa riforma, si ripresenta al cospetto dei dipendenti pubblici come una vera minaccia. Dobbiamo a lui lo stimma di fannulloni e l’introduzione di una serie di misure le cui conseguenze scontiamo ancora oggi. Dalla sua visione nacquero i blocchi delle carriere e del trattamento economico, insieme alla sterilizzazione del sistema delle relazioni sindacali. Dietro ai simulacri della misurazione della performance, dei premi al merito e della trasparenza si nascondevano la mortificazione delle professionalità e della dignità dei pubblici dipendenti e la piena concentrazione dei poteri nelle mani della dirigenza, cui fu assegnato il ruolo di cane da guardia per gestire un sistema disciplinare punitivo e unilaterale, ispirato a principi penali. Senza che ciò abbia portato alcun beneficio alla cittadinanza nonché all’efficienza della macchina amministrativa.

La pandemia ha messo in chiaro gli effetti perversi della riforma Brunetta del 2009, il cui impianto è stato conservato anche nel corso del decennio successivo.  Il blocco del turnover, i tagli lineari alla spesa, l’impoverimento progressivo delle strutture pubbliche, la privatizzazione forzata di settori sempre più ampi, i ritardi enormi sui processi di digitalizzazione, la mancanza di una cultura organizzativa adeguata, sono ora sotto gli occhi di tutti. 

Ebbene, invece di promuovere un salto di paradigma per ridare fiducia, significato e stimoli alla categoria del pubblico impiego, si è deciso di affidare di nuovo la PA ad un vecchio esponente delle élite di governo, portatore di una ideologia conservatrice, che ancora pochi giorni fa dichiarava che  “lo smartworking è un imbroglio” e che “bisogna tornare ad aprire tutto”. Perché ridare la parola e pieni poteri ad un interprete del ciarpame culturale di matrice iperliberista in una fase così delicata, in cui bisognerà ridefinire le regole per il lavoro agile, digitalizzare la PA, stabilizzare i precari e rinnovare il contratto nazionale?

Questo ennesimo atto ostile nei confronti di una categoria oggetto di costanti campagne denigratorie non è passato inosservato e ha già destato l’attenzione delle migliaia di lavoratori e lavoratrici che ne fanno parte. A loro rivolgiamo un appello accorato affinché continuino ad essere vigili e non lascino trapelare alcuna rassegnazione.

Mutuando un’espressione passata alla storia e attribuita all’attuale Presidente del Consiglio, al Governo lanciamo invece un monito: non appena sarà evidente la volontà di procedere con modifiche strutturali che mirino a stravolgere le misure residue a tutela del lavoro nella PA, le forze sindacali autorganizzate, agendo auspicabilmente all’interno di un fronte molto ampio di forze, faranno whatever it takes per preservare e ripristinare il rispetto e i diritti dei lavoratori pubblici.

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
OLTRE IL CAPITALISMO
Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

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