CRONACHE INPS (prima puntata)
L’INPS cartina di tornasole del sistema previdenziale. Meriterebbe ben altra attenzione da parte dei media, giornali, televisione ma anche da parte dei lavoratori e dell’opinione pubblica. Non foss’altro per la sua enorme grandezza, la sua funzione essenziale non solo dal punto di vista previdenziale ma della economia e della politica generale. Si pensi solo che dalla sua attività dipendono le pensioni di più di 18 milioni di pensionati e gli oltre 27.000 dipendenti non tenendo conto dell’indotto. Di tanto in tanto, a malincuore, sempre molto stiticamente, il muro del silenzio si rompe e almeno qualche giornale ne parla . L’occasione in questi ultimi anni sono dovute alla “uscita” dei bilanci, sempre positivi, in attivo.
Anche per quest’anno (2010) il bilancio preventivo prevede “un avanzo finanziario di 4,1 miliardi” di Euro. Il quotidiano della Confindustria, acerrimo nemico dell’Inps e di tutta la previdenza pubblica nel darne la notizia sente il bisogno di affermale che “l’avanzo di esercizio si fermerà a 4,1 miliardi”: che verbi e che aggettivi avrebbe dovuto usare, e non ha usato, nei confronti di tutte le forme di risparmio gestito private che hanno tracollato negli ultimi due anni ma che la stessa Confindustria e il suo quotidiano, non hanno mai cessato di sponsorizzare, scusare e “spingere”, mentre divoravano i risparmi e le pensioni di milioni di lavoratori nel mondo?
Certo c’è una contrazione rispetto al consuntivo del 2008 che aveva registrato un attivo di 13,5 miliardi, ma certo che in questa situazione contingente a dispiacersi di un attivo di soli 4,1 miliardi…ci vuole una bella faccia tosta!!!
Mai che si parli, anche in queste circostanze positive, delle grandi e importanti funzioni che il sistema previdenziale esercita rispetto all’intera economia, a alle condizioni di vita di decine di milioni di lavoratori pensionati e ben oltre loro e le loro famiglie che vengono salvaguardate dall’impoverimento e dal bisogno.
Non si cessa mai di recitare, invece, la giaculatoria che ”le pensioni hanno un costo troppo elevato per il nostro paese”.
Chi si esprime in questi termini, politici, giornalisti, economisti o sono ignoranti o sono in malafede o, più probabilmente, sono le due cose insieme. Si tratta solitamente di personale che a livelli diversi è iscritta sui libri paga dei diversi modi di essere del capitalismo di oggi.
Figuriamoci poi se qualcuno si ricorda che questa massa di pensioni pubbliche e il sistema pensionistico in generale svolgono una funzione di volano per l’economia tutta senza la quale le crisi finanziarie ed economiche avrebbero l’esito di una pestilenza negli annui bui del medioevo.
Ma c’è un falso, che dovrebbe indignare più di altri, nelle parole di chi dice che le pensioni “costano troppo allo stato” che “pesano troppo sul nostro bilancio”. I soldi per le pensioni pubbliche, non appartengono ad un generico “stato” , “paese”, “bilancio”: sono i contributi dei lavoratori dipendenti al nostro sistema previdenziale. Lo “stato” il “paese”, il bilancio generale e nazionale hanno a loro sostegno il sistema fiscale generale al quale i lavoratori dipendenti contribuiscono per più dell’85%..... i contributi previdenziali sono altro e sono per la previdenza che ha già il suo forte carico di mutualità e solidarietà.
Ma le falsità dei giornalisti hanno alla loro base l’equivoco che ideologi ed economisti falsari vanno diffondendo in questi ultimi anni. L’equivoco consiste nel trattare alla stesso modo e rendere sinonimi due locuzioni dai significati molto diversi: welfare e sistema previdenziale.
La prima welfare è l’esito che nella società angolosassone, Inghilterra in primis, ha portato ad un sistema di “soccorso alla povertà” interamente a carico della beneficenza, inizialmente promanazione della religione e delle sue istituzioni benefiche. Il sistema ha raggiunto la sua maturazione nel secondo dopoguerra nel quale il sistema del welfare è passato a pieno carico al sistema della fiscalità generale non modificando però il suo carattere essenzialmente assitenziale.
Tutt’altra la filosofia e la storia dei sistemi previdenziali e sistemi pensionistici europei e nord europei.
Le radici della previdenza e dei sistemi pensionistici in questi paesi sono da ricercare nelle compagnie di mutuo soccorso, nelle società operaie, alle quali contribuirono tanto gli ideali socialisti quanto il solidarismo cattolico democratico. Una esperienza e una storia che procedevano con il maturarsi e l’affermarsi della concezione dei diritti umani e universali e che sono approdate ad un sistema di “contributi obbligatori” in funzione di garanzia dei diritti anche al verificarsi di rischi prevedibili quali la vecchiaia, la malattia, la invalidità.
Credo che nessuno, almeno che non abbia interessi ignobili e spesso inconfessabili, possa non considerare il sistema previdenziale come più evoluto, efficace e risolutivo rispetto a quello benefico e assistenziale elaborato nei paesi angolosassoni.
Ma il sistema del welfare angolosassone per arginare l’insufficienza e l’impotenza del sistema benefico e assistenziale ha dovuto escogitare strumenti assicurativi e pensionistici di natura privata.
Sono questi strumenti che oggi hanno raccolto intorno a sé uno stuolo di ideologi, affaristi, promotori, esperti in fondi pensioni, piani individuali pensionistici, pensioni complementari che con il risparmio individuale e privatistico di lavoratori danno vita a quel “capitalismo per procura”(1) che ha tanto contribuito all’attuale irresponsabile sistema finanziario. Completamente disinteressato alle origini dei risparmi che nelle loro mani e nel loro circuito assumono il carattere di capitale ferocemente alla ricerca della rendita, la più elevata a qualsiasi costo.
E’ questo stuolo di finanzieri variegatissimi che oggi conduce una guerra senza tregua ai sistemi previdenziali pubblici. Ne va della loro esistenza: le pensioni pubbliche ostacolano la loro crescita e la crescita delle loro ricchezze quindi non conoscono remore: sistema a capitalizzazione invece che distributivo, innalzamento dell’età pensionistica, TFR ai fondi pensione, cancellazione dell’aggancio delle pensioni ai salari, abbassamento delle aliquote per il calcolo….con ciascuna di queste operazioni si manomettono le risorse risparmiate dai lavoratori in forma di contributi, e al contempo si spingono i lavoratori verso altri versamenti a beneficio di prodotti finanziari dai nomi più fantasiosi e falsi che si possano inventare: fondi pensionistici, chiusi, negoziali, sindacali, garantiti: un buon terzo oggi, ma in crescita continua, della finanza planetaria(1).
Se li lasceremo fare le pensioni pubbliche, in pochi anni faranno la fine di un cespuglio sotto la macchina schiacciasassi, non è un optional creare una organizzazioni di pensionati che lotti contro il trascinamento dei risparmi nel circuito del capitale è un dovere se vogliamo difenderci dall’impoverimento e dall’oscurantismo se vogliamo che i nostri figli e nipoti possano vivere la loro vita da persone libere con dignità.
Ma ne va anche della nostra dignità: ragionare, organizzarsi, scegliere, confliggere e lottare può anche voler dire sottrarsi al destino che vorrebbero confezionarci di “poveri vecchi”, mansueti consumatori sub umani.
Pensionati Cobas di Roma
(1) Luciano Gallino “Con i soldi degli altri” Einaudi 2010