DA COBAS BOLOGNA : NON TI AUTORIZZO AD ANDARE IN BAGNO!! LA SCHIAVITU'

Ciao siamo arrivati a questo!

Ma non lontano da questo espisodio, dove siamo presenti da 3 mesi come sindacato Cobas nel Magazzino di logistica Happy Log del Consorzio CTL Trasporto Latte Granarolo, azienda importante della Lega delle Cooperative (da qui proviene il ministro del lavoro Poletti) i lavoratori sono stati costretti, fino a che non siamo entrati noi come sindacato, a timbrare per andare in bagno dopo aver ricevuto l'autorizzazione del capo magazzino.

Adesso non lo fanno più, e l'azienda ci deve rispondere che questa normativa aziendale è ormai abolita.

Nel magazzino è presente la cgil che non ha mai detto niente su questo fatto, nemmeno su altre situazioni come la sicurezza , o come avanzamenti inquadramentali, ect., sta cercando invece di accordarsi con l'azienda per introdurre un aumento della produttività legata al cottimo. I lavoratori non vogliono lavorare di più per guadagnare di più e fare a gara per avere il premio aziendale , mettendo a rischio la propria incolumità (nei magazzini se aumenti la produttività devi alzare più pacchi, correre di più con i carrelli, non rispettare le norme di sicurezza, ect.) . E' così che i sindacati fanno la differenza sui posti di lavoro, in nome del profitto sempre più alto dal momento che le tariffe salariali sono basse (i CCNL li rinnovano i sindacati cgil cisl uil ugl) e le tasse che si pagano troppo alte per portare a casa uno stipendio che ti consenta di vivere.

COBAS BOLOGNA    

 

DA L'ESPRESSO   Il caso

"Non puoi andare in bagno". Così alla Sevel (Fiat Chrysler) un operaio si urina addosso

Nonostante avesse chiesto più volte di poter lasciare la catena di montaggio per andare alla toilette, il lavoratore dell'azienda di Atessa, parte del gruppo automobilistico, è stato costretto a restare al suo posto. L'accaduto è stato denunciato dall'Usb, che ha indetto uno sciopero e denuncia i ritmi di lavoro serrati dello stabilimento  di Maurizio di Fazio    09 febbraio 2017

Un lavoratore della Sevel di Atessa, in provincia di Chieti, è stato costretto a urinarsi addosso perché gli è stato impedito di andare in bagno. L’episodio, che sembra uscito da una cronaca giornalistica della prima metà dell’ottocento, o da un romanzo di Dickens, è stato denunciato dal sindacato Usb, che ha poi proclamato un'ora di sciopero. Anche le altre sigle sindacali hanno chiesto chiarimenti all’azienda, il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles), di cui lo stabilimento abruzzese è il più grande d’Italia e tra i primi in Europa per dimensioni. L’azienda sta svolgendo verifiche interne ma l’accaduto è stato confermato da diverse tute blu.

L’operaio aveva a più riprese richiesto di poter andare in bagno, invano. E a quel punto ha dovuto farsela addosso: “inascoltato, non gli è rimasto che urinarsi dentro i pantaloni. L'episodio varca ogni limite della decenza. Un fatto gravissimo che lede la dignità del lavoratore vittima dell'episodio e quella di tutti i lavoratori in generale. Pretendiamo che situazioni simili non si ripetano mai più" scrive l’Usb di Chieti.

Alla protesta si associa anche Rifondazione Comunista: “Spremere i lavoratori fino al divieto, ripetuto e continuato, di poter andare in bagno, è un fatto di una gravità inaudita, da condannare senza mezzi termini. Da molti anni nel gruppo FCA si assiste all’incremento di ritmi e carichi di lavoro al limite del sostenibile.

Troppo spesso gli aumenti di produttività sono stati salutati come un fatto positivo, senza chiedersi come fossero possibili, ogni anno, aumenti produttivi da record – affermano in una nota Marco Fars, segretario abruzzese di Rifondazione Comunista e Maurizio Acerbo, della segreteria nazionale -. Nei giorni scorsi la risposta è arrivata, di nuovo, dalla palese manifestazione delle condizioni che i lavoratori, loro malgrado, sono troppo spesso costretti a subire. L’arroganza aziendale si è spinta fino a costringere un lavoratore ad urinarsi addosso, dopo che per troppo tempo gli è stato vietato di recarsi in bagno. La produzione viene prima di tutto e perciò i lavoratori non possono permettersi nemmeno il "lusso" di espletare bisogni fisiologici normali per qualsiasi essere umano.

Ai lavoratori, costretti a carichi e ritmi di lavoro insostenibili, non viene riconosciuta nemmeno la dignità umana”. I due esponenti politici chiamano in causa anche le recenti riforme del lavoro e le ristrutturazioni aziendali frutto della globalizzazione post-crisi: “La vicenda Sevel ci ricorda l’importanza e la necessità di riportare la democrazia reale dentro e fuori le fabbriche. Questo totalitarismo aziendale è il prodotto di anni di "riforme" del lavoro che hanno sottratto ai lavoratori diritti e tutele e accordi sindacali capestro accettati da sindacati "firma tutto”. Questi sono i risultati della cancellazione dell'art.18”.

 

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