IL NEOPOPULISMO. Evoluzioni, metamorfosi e piroette della Destra radicale e non solo

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Da molti anni, intellettuali di varia estrazione si lambiccano per dare una definizione e categorizzazione al “populismo” e, in coerenza, anche al significato di popolo e di democrazia, senza però raggiungere risultati definitivi. Su questa indefinitezza “giostrano” i vari movimenti populisti e, in particolare, le destre radicali. Nell’attualità, tale fenomeno ha acquisito alcuni connotati (nel mondo occidentale, ma anche in Russia) che hanno modificato l’agire politico e il pensiero della destra radicale e in alcuni casi prodotto il rosso-brunismo, tentativo di convergenza tra destra e sinistra radicali o, come nel primo "grillismo", tentativi di fuoriuscire dallo schema destra-sinistra. Saltando il passato storico pre-Novecento e le esperienze latino-americane (Peron, in primis) e quelle mediorientali (Nasser), i punti fermi del populismo vanno ricercati in: a) l’ostilità alle élites in una visione di società senza corpi intermedi tra governo e popolo; b) la visione di una società-Paese come comunità organica, ove non possano esistere interessi particolari né conflitti di classe; essendo il popolo unico, indivisibile e sovrano, non sono ammessi interessi di parte o di classe; c) la sovranità popolare si sostanzia nella sovranità nazionale con conseguente avversione alla globalizzazione, a istituzioni sovranazionali, politiche ed economiche (UE, multinazionali); d) la difesa di una propria identità storica e culturale; e) il ritorno ad una mitica età dell’oro, in cui il popolo viveva felice, non oppresso dalle élites, portatrici di divisioni nel popolo (trasversalità di classe), di corruzione e sfruttamento del popolo lavoratore, con esaltazione dei valori del passato e opposizione alla modernità.

In questo riferirsi alla tradizione e ai valori del passato, va sottolineato come l’odierno populismo faccia presa più nelle zone rurali che nei grandi centri urbani. Esemplare è il caso della Lombardia ma anche in Francia forte è l’ostilità a Parigi e della campagna verso le città (Gilets jaunes). I motivi di questa contrapposizione sono sia culturali che economici. Ad esempio, agricoltori e allevatori rappresentano, nella maggior parte dei casi, quel ceto medio delle campagne che si sente oppresso dalla fiscalità e dalle restrizioni UE (vedi Cobas del Latte in Italia) e che trova assonanza con il ceto medio urbano, fatto di commercianti, albergatori e ristoratori, artigiani, che sono stati, e non solo in Italia, il nerbo della protesta contro il lockdown e conseguenti restrizioni sanitarie.

In teoria, il populismo non è antidemocratico, ma, anzi, iperdemocratico, in quanto, a chiacchiere, vuole esercitare la Democrazia Diretta (J.J.Rousseau): ma nella realtà sfocia inesorabilmente in forme di governo autocratiche, demagogiche (demagogo è colui che guida il popolo, il dux) se non in totalitarismi dittatoriali. D’altronde, se il popolo è comunità organica, unico ed indivisibile, che bisogno c’è dei partiti? I partiti sono di parte, quindi dividono il popolo. Coloro che cercano di definire il populismo, ne individuano tre tipologie: 1) populismo di sinistra, che traduce il concetto di popolo in classe (Marx); 2) liberal democratico (rivoluzione francese); 3) razziale, su base etnica nazionalista (nazifascismo). Secondo E. Laclau, il popolo è quello che si forma quando una serie di istanze non vengono soddisfatte dalle istituzioni e si saldano tra loro, creando l’ondata populista, che contesta l’establishment. Laclau ritiene superato lo schema dell’antagonismo di classe a favore della ricomposizione dei vari movimenti di protesta come quelli di genere, ambientalisti e antiglobalizzazione: una visione che è antitetica all’impostazione marxiana, basata sull’antagonismo tra Capitale e Lavoro e sulla centralità del proletariato industriale, e che dissolve la differenza tra Destra e Sinistra a favore di una trasversalità interclassista.

Il populismo a 5 Stelle, né Destra né Sinistra

In Italia si sono manifestate nel dopoguerra varie espressioni politiche di populismo, variegate ma aventi punti in comune. L’elenco va da L’Uomo Qualunque di Giannini, ad Achille Lauro, passando, seppur in forma spuria, altalenante e "sui generis", per Berlusconi e la Lega (etnopopulismo) fino, in maniera ben più organica, a Beppe Grillo e il grillismo della prima fase. Nella esperienza populista dei 5Stelle prima maniera i principali nemici dei cittadini sono i partiti, il Presidente della Repubblica, il Parlamento, in generale la classe politica, la casta, responsabili dei problemi del popolo. Ma vi sono anche i potentati economici, le banche, i circoli finanziari, gli speculatori internazionali e i mezzi di informazione. Tra i nemici vi sono anche la burocrazia, il fisco, la pubblica amministrazione. Grillo invoca una politica estera isolazionista che rifiuti gli interventi esterni ed estranei alle preoccupazioni popolari. Forte è l’opposizione nei confronti delle organizzazioni internazionali e della Nato, monopolizzate dagli stati più potenti e dai gruppi di interesse, dell’Unione europea e la Commissione europea, burocrazie prive di legittimazione elettiva e guidate dalla Bce, e dell’euro. Anche gli intellettuali sono oggetto di una forte diffidenza a causa della tendenza a rendere “complesso” ogni problema: così come i concetti di destra e sinistra, giudicati obsoleti e utilizzati solo per tenere il popolo diviso. La mentalita’ populista si presenta anche nel linguaggio e nello stile di leadership. Grillo primeggia nel linguaggio grazie a doti naturali e tanti anni di esperienza come comico. L’oratoria è ricca di espressioni colorite, con una forte impostazione aggressiva, immediata, senza filtri. Grillo, come tutti i leader populisti, rimarca il suo essere corpo estraneo alla politica, chiamato a scendere in campo dalla situazione straordinaria per senso morale e spirito di servizio verso i concittadini. Per quanto riguarda il suo ruolo di capo politico, sottolinea come non sia su un piano gerarchicamente superiore rispetto ai seguaci , ma un megafono della base e della volontà popolare. Tuttavia, egli è l’unico titolare dei diritti sul nome del M5S, anche se il motto è “uno vale uno” per evitare frazionamenti interni. Ma grande è il contrasto tra ruolo gerarchico e presupposti egualitari che ha generato in continuazione tensioni e dissapori.

“Il potere delle caste non deriva dal controllo dei mezzi di produzione, ma da quello dei mezzi di informazione”. Con questa affermazione, Grillo ha inaugurato il web populismo, eleggendo la rete a medium ideale per la democrazia diretta e in alternativa e contrapposizione ai “giornaloni” e alla telecrazia controllati dall’establishment, relegando ad un ruolo secondario se non insignificante la proprietà dei mezzi di produzione.. Un altro dilemma riguarda la conciliabilita’ tra leadership e rete; se da un lato la rete rende orizzontale la comunicazione, dall’altro è un rischio di dispersione centrifuga, vedasi i frequenti episodi di aperta ribellione alle direttive di Grillo e Casaleggio e che si risolverà nel divorzio tra 5Stelle e la piattaforma Rousseau.

Il populismo della Destra radicale

La Destra radicale, in crisi per i propri retaggi e riferimenti culturali, politici e storici connessi al nazifascismo e per lo stigma di essere xenofoba e razzista, ha elaborato una nuova identità, che, solo apparentemente, va oltre quei disvalori. Ad esempio, il Vlaams Blok (partito di estrema destra belga) per difendersi dalle accuse di essere razzista e xenofobo, ha pubblicato un opuscolo (Pregiudizi) affermando di essere nazionalista e di credere che tutti i popoli siano eguali nei diritti, ma diversi culturalmente: quindi nessuna affermazione di superiorità razziale, ma solo difesa della propria identità. Maitre à penser di questa Nuova Destra (Nouvelle Droite) è Alain de Benoist, che nel 1999 ne ha lanciato il Manifesto, il cui fulcro è l’etnopluralismo, il diritto alla differenza contro l’utopia universalistica sostenuta dalle classi dirigenti liberali e marxiste. In realtà, il tema dell’immigrazione, seppur mascherato con le tesi differenzialiste, rimane centrale per tutte le forze politiche della Destra tradizionale e della Nuova Destra, le quali, predicando l’inconciliabilità tra culture e religioni, in particolare tra Islam e Cristianesimo, alimentano la percezione del pericolo migratorio, inventando un capro espiatorio dei mali (sociali) che affliggono le società occidentali. Non a caso, alle politiche anti-migratorie queste destre affiancano, a parole, politiche da sinistra sociale.

Un altro ideologo della Nuova destra è Alexander Dugin. Seguirne le evoluzioni è impresa improba, dato che mescola fascismo, socialismo sovietico, religione ed esoterismo. In linea di massima, riferimenti filosofici e politici sono principalmente M. Heidegger, Julius Evola, Alain de Benoist. I punti principali sono: il primato della Tradizione, intesa come valori sapienzali, religiosi, filosofici ed esistenziali; la Decadenza dell’Occidente, che ha perduto questi valori, ormai corrotto dal capitalismo consumista di stampo USA; la creazione di imperi tra popoli aventi civiltà tra loro assimilabili (multipolarismo). Per l’area russa, Dugin predica un impero basato sull’unità dei popoli turanici (eurasiatismo), che comprende popolazioni turche, islamiche e mongoliche. A livello politico, il principale fautore del neo-euroasiatismo è il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, che fin dagli anni ’90 ha promosso l’Unione Economica Eurasiatica, nata nel 2015 a sostegno di un processo d’integrazione politica tra Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia (Unione a cui si è sottratta l’Ucraina, proiettata verso la UE). Il pensiero portante dell’eurasiatismo è il rifiuto dell’universalismo, di stampo liberal-democratico occidentale, il superamento dello Stato Nazione, a favore di imperi omogenei per storia e civiltà (multipolarismo comunitario). In conclusione, il populismo non ha un’ideologia fondante e costitutiva omogenea e assume le forme contingenti storiche, politiche, culturali e geografiche di dove e quando si manifesta. In genere, ha effetti temporali limitati, con le eccezioni del fascismo e del franchismo. Esso demonizza la democrazia parlamentare e rappresentativa. Trae la sua linfa dalle ingiustizie e diseguaglianze delle società liberal-democratiche borghesi, "falle" che enfatizza, facendo appello al popolo perché si mobiliti contro le caste/elites, politiche ed intellettuali, corrotte e sfruttatrici del popolo lavoratore, portatore di sani valori: il tutto in una visione interclassista, che comprende sottoproletariato, proletariato e ceto medio.

Roberto Giuliani

PER UNA SOCIETA' DEI BENI COMUNI

Una giornata di dibattito sul libro di Piero Bernocchi
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Discutendo di benicomunismo, per un’altra società.

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