IL GUERRIERO PACIFICO E I SERVI ITALIANI
Tutti insieme appassionatamente in Afghanistan
Non sappiamo come l’abbiano presa i cervelloni di Stoccolma, che qualche settimana fa ebbero l’ardire di regalare il Nobel per la pace ad Obama, la notizia che il novello “guerriero pacifico” (sulle orme della dalemiana “guerra umanitaria”) invierà altri 30 mila soldati nell’inferno afgano ad ammazzare e ad essere ammazzati. Immaginiamo però cosa ne debbano pensare quelle centinaia di migliaia di militanti statunitensi che tanto si spesero per l’elezione di Obama, nella ingenua convinzione che il primo “nero” presidente USA magari non avrebbe abbattuto il capitalismo ma almeno avrebbe posto fine alle guerra permanente e globale: e che certo non s’aspettavano che superasse in bellicismo persino Bush, visto che nessuno sano di mente può credere alla sua promessa di un ritiro delle truppe fin dal luglio 2011.
Ma a noi spetta soprattutto segnalare l’ennesimo e plebiscitario atto di super-servilismo non solo del governo ma dell’intero mondo politico-parlamentare italico che, battendo gli altri europei in volata, ha subito garantito ad Obama l’invio di altri 1140 militari in Afghanistan, a poche settimane dalle promesse leghiste di riportare “entro Natale” una parte delle truppe a casa. Dicono i mass-media che Hillary Clinton, altra “guerriera pacifica”, abbia “ reagito con gioia, affermando che l’Italia è un alleato di ferro”, aggiungendo poi che gli USA “contano sull’Italia anche per convincere gli altri alleati NATO, visto che l’Italia ha mostrato un ruolo-guida in Afghanistan”. E a conferma del ruolo super-bellico italico, il ministro della Difesa La Russa, giulivo, ha spiegato che “tutta la zona ovest dell’Afghanistan sarà controllata dagli italiani”. Ampio consenso da parte di tutta la sedicente opposizione parlamentare, PD e IDV in primis. Anzi: da bravo “primo della classe” Piero Fassino, che tanto si lamentò quando non lo volevamo alle manifestazioni no-war, ha criticato le intenzioni del governo di aumentare sì le truppe in Afghanistan ma di diminuire quelle in Bosnia e Kosovo.
Prima che, di fronte a nuovi e inevitabili “lutti nazionali”, ripartano i sempre più insopportabili e iper-ipocriti piagnistei massmediatici, in seguito ad altrettanto scontate morti in combattimento di guerrieri italiani, non sarebbe il caso che il movimento no-war ridesse significativi segni di vita e ricordasse in piazza che la maggioranza degli italiani continua ad essere ostile alla guerra in Afghanistan e altrove?
Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS