Folli cariche a Roma contro i pacifici manifestanti anti-Jobs Act
Le ha decise il questore D’Angelo? O qualcuno più in alto?
Con la fiducia imposta dal governo, approvato l’ignobile Jobs Act. Ma non finisce qui
Una giornata di follia quella di oggi nella gestione della piazza da parte della questura di Roma. La manifestazione, assolutamente pacifica, di studenti, precari, lavoratori/trici “stabili” e sindacati conflittuali contro l’approvazione al Senato del Jobs Act, è stata prima sequestrata per più di un’ora a Largo Argentina mentre cercava di tornare nella piazza autorizzata (S. Andrea della Valle, a 100 m dal Senato) dopo un breve corteo nei dintorni contro cui nulla era stato obiettato dai dirigenti della piazza.
Poi, dopo che, con grande senso di responsabilità, avevamo subìto l’incredibile divieto di tornare nella piazza autorizzata (fino alle 18) e ci preparavamo a dirigerci verso il Colosseo, il corteo è stato caricato a freddo, alcuni manifestanti sono stati manganellati malgrado fossero a terra e Francesco Raparelli eValerio Balzametti, dopo esser stati picchiati, sono stati anche fermati.
I dirigenti di piazza hanno ripetutamente affermato di aver ricevuto dal neo-questore di Roma, Niccolò D’Angelo (un poliziotto dall’”esperienza paurosa”, hanno scritto i giornali il 16 ottobre scorso, al momento del suo insediamento) ordini tassativi per impedire il ritorno del corteo nella sua sede “naturale” e cioè nella piazza autorizzata di S. Andrea della Valle. L’incredibile tesi sostenuta è che, una volta usciti dalla piazza, avremmo perso il “diritto” all’autorizzazione. Ora, non sappiamo se l’esperienza di D’Angelo in polizia sia stata davvero “paurosa”, di certo è stata lunga e varia: questore di Latina e Perugia, dirigente dell’Antiterrorismo, della Mobile, più altri vari incarichi. Dunque, non uno sprovveduto. Ma perché allora ha prima ingigantito a freddo la tensione intorno ad una manifestazione assolutamente pacifica, e poi ha impedito il ritorno del corteo in piazza, la soluzione più ovvia e tranquilla, preparando di fatto una aggressione assurda e ingiustificata? E’ possibile che non sia stato lui a decidere?
Forse la decisione rientra in un orientamento generale dato dal ministro Alfano, il quale, dopo essersi scusato per le cariche agli operai della Thyssen, ha pensato che i poliziotti e i carabinieri possano sfogarsi contro studenti, precari e sindacati di base? O magari è un’indicazione generale di Renzi che, come la leggenda racconta del re padre del Buddha - che per non far vedere al figlio cose sgradevoli come i fiori morti li faceva recidere, nel giardino della reggia, tutti i giorni dalla servitù - non sopporta cose spiacevoli come la contestazione delle sue leggi e ha imposto che fossimo tenuti ben lontani dal Senato? Aspettiamo risposte, almeno dal questore.
Nel frattempo, visto che Renzi ha imposto la fiducia su un provvedimento di cui ancora ignoti sono i decreti delegati decisivi, ricordiamo al governo che la cosa non finisce comunque con l’approvazione di oggi. La mobilitazione proseguirà durante tutta la fase di presentazione dei decreti attuativi del Jobs Act e del Piano scuola e la coalizione nazionale dei Laboratori sociali contro le politiche economiche e sociali del governo e della UE esce pure da questa giornata, dopo quella straordinaria dello sciopero sociale del 14 novembre, ancora più salda, convinta e indignata. Aver sopportato con tanta intelligenza le provocazioni degli apparati polizieschi è un’ulteriore carta di credito nei confronti di quei milioni di lavoratori, precari o “stabili” , degli studenti e dei giovani che, pur pieni di rabbia, non sono ancora scesi nelle piazze e ci stanno osservando per capire se la nostra mobilitazione può diventare anche la loro. E se una rivolta popolare, l’unica via per far saltare il marciume istituzionale che corrompe sempre più questa già travagliata e diffusamente corrotta Italia, può essere alle porte.
Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS
3 dicembre 2014