LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA NEGLI ENTI LOCALI
Il comma 456 della legge n. 147/2013 (la legge di stabilità in Gazzetta Ufficiale a fine anno) allunga al 31 dicembre 2014 i vincoli imposti al fondo per la contrattazione decentrata.
Ogni Ente deve restare dentro il tetto del 2010 e deve calare in proporzione alla riduzione del personale in servizio
Di conseguenza nel 2014 avremo la contrattazione nazionale e decentrata praticamente bloccata, fermi i rinnovi contrattuali e eventuali incrementi del fondo di produttività.
Nel 2015 le risorse destinate alla contrattazione decentrata dovranno ridursi in proporzione al personale ridotto e quella soglia sarà il punto di partenza per la contrattazione dei prossimi anni.
Di conseguenza, gli Enti che hanno rispettato i patti di stabilità abbattendo la spesa di personale con la speranza di un recupero, si vedranno ulteriormente penalizzati perchè ai tetti di spesa ormai non ci sono più limiti.
Solo teoricamente non sono previste ulteriori riduzioni di spesa e il Governo ha ripetuto che la scelta di tagliare fondi al Pubblico Impiego è destinata a durare solo nel 2014 ma alle intenzioni non seguono fatti concreti come dimostra la recente mancata stabilizzazione dei precari e la seconda fase della spending review che è solo in via embrionale
Il fondo 2014 sarà inferiore a quello del 2010 perchè ci saranno tagli proporzionali alla riduzione di personale, quindi è stata raccontata una colossale bugia quando veniva detto e scritto che il peggio era passato perchè al peggio non c'è mai fine
Nel 2014 i sindacati e l'Aran potrebbero mettere mano alla parte normativa dei contratti visto che quella economica è off limites, ma per chi è avvezzo a leggere i bilanci capirà subito di essere nuovamente deriso visto che molti istituti contrattuali sono strettamente connessi con il fondo della produttività. Potrà accadere che su alcune normative ci sia una revisione , anzi una reformatio in pejus
Il tetto del 2010 vale anche per la retribuzione individuale, si applica alla parte eccedente i 5,29 euro come se la soglia che va da questa cifra ai 7 euro costituisse una fonte di reddito pericolosa per le casse statali
Da queste norme di contenimento della parte variabile del fondo destinato ai CCDI sono escluse le indennità il cui importo è stabilito dal contratto nazionale (rischio, turno, maneggio valori, reperibilità) mentre per quelle i cui importi si definiscono all’interno della contrattazione decentrata sono destinate a diminuire. Tra queste in particolare tutte le indennità di responsabilità oltre a quella di attività disagiata. Va però ricordato che con la parte variabile del fondo si pagano i progetti speciali e la produttività collettiva legata ai PEG-PDO, ma non solo: anche l’indennità di posizione organizzativa e la percentuale dei relativi premi di risultato dal 5 al 25% % del valore della P.O. da stabilire in sede aziendale, gravano interamente sulla parte variabile del fondo. La norma non vieta l’aumento del numero o del peso delle P.O. Va da sé che ogni incremento di questo istituto sottrae risorse variabili.
Il risultato è che la produttività generale rimane un istituto del tutto residuale destinato sostanzialmente a sparire e comunque connesso al diabolico circuito della “performance”.
L’unico modo per incrementare la parte variabile del fondo è il ricorso all’Art 15 comma 2 del CCNL 1999 che consentirebbe di destinare risorse aggiuntive per progetti speciali che però devono essere legati, come recita la norma, a reali incrementi quali-quantitativi della produttività e/o a significativi miglioramenti economico-organizzativi misurabili e certificati dagli organismi di valutazione. In realtà, si tratta di un semplice spostamento di risorse in quanto in ogni caso, l’insieme del fondo non può superare lo speso del 2010 diminuito proporzionalmente alle dismissioni di personale (art. 12 L.150 del 2010). Qualora dei progetti fossero presentati e le somme approvate in bilancio con atto di giunta, solo una parte di lavoratori ne sarebbe coinvolta. L’elaborazione e la presentazione dei progetti è un atto di gestione in capo al dirigente, si tratta quindi di procedure escluse da qualsiasi forma di contrattazione sindacale e destinate, pertanto, a generare intollerabili sperequazioni salariali.
A questo si aggiunge l’andazzo di utilizzare i pareri dell’Aran come fonte incontestabile di interpretazione autentica delle norme. Pareri che, pur configgendo palesemente quanto sancito dai CCNL e i CCDI in vigore, contribuiscono ad un generalizzata contrazione delle voci variabili del salario. Due esempi per tutti: la non cumulabilità tra l’indennità di attività disagiata e l’indennità di rischio e il tetto dell’attività disagiata abbassato a trenta Euro lordi mensili, riportato alla stessa quota del rischio.
In ogni caso il quadro generale della contrattazione è segnato da una perdita salariale che si protrae al 2014 e la impossibilità di incrementare il fondo per gli anni successivi in modo tale da recuperare anche una minima parte di quanto abbiamo perduto con il blocco dei contratti e i tetti di spesa.
A colpi di decreti legislativi i governi degli ultimi 20 anni hanno praticamente distrutto la contrattazione nazionale e decentrata con la scusa che il sindacato aveva un diritto di veto su materie quali la organizzazione dei servizi, hanno ridotto ai minimi termini il potere di acquisto nel pubblico impiego con aumenti irrisori calcolati senza tenere conto del reale aumento del costo della vita
Tutto ciò è accaduto con il silenzio assenso di Cgil Cisl Uil
Cobas Pubblico Impiego